La scorsa
settimana Israele ha inaugurato una nuova strada segregata nella Cisgiordania
occupata, con un enorme muro di otto metri che separa viaggiatori israeliani e
palestinesi su entrambi i lati. Etichettata da chi la critica come la strada
dell’apartheid, la motivazione
ufficiale della “Route 4370” è decongestionare il traffico per i coloni
israeliani che fanno i pendolari verso Gerusalemme e al contempo creare un
nuovo modo di viaggiare tra il nord e il sud della Cisgiordania per i
palestinesi.
Eppure,
nonostante le ragioni dichiarate, i militanti contro l’occupazione e per i
diritti umani sostengono che l’autostrada segregata è un ulteriore modo per creare in
Palestina aree solo per israeliani – libere da ogni presenza
palestinese. Ed è un segno che Israele, e gli israeliani, non vedono più la
segregazione come qualcosa di cui vergognarsi.
“Mentre in
passato c’era un maggiore tentativo di nascondere la segregazione all’opinione
pubblica israeliana, oggi essa è percepita come legittima,” afferma Efrat Cohen-Bar,
un urbanista e architetto dell’ong “Bimkom” [associazione israeliana che
sostiene una pianificazione urbana condivisa con la popolazione, anche quella
palestinese, ndtr.]. “In un Paese in cui ogni giorno è proposta una nuova legge
discriminatoria, una breve strada segregata non scandalizza nessuno.”
Il ministro della Sicurezza Pubblica Gilad Erdan ha
definito l’autostrada “un esempio di capacità di creare la coesistenza tra
israeliani e palestinesi proteggendo al contempo dalle attuali minacce alla
sicurezza.”
Per
Cohen-Bar l’autostrada non può essere disgiunta dal sistema complessivo di
strade segregate in Cisgiordania, che spesso obbligano i palestinesi a
utilizzare sottopassaggi per non disturbare il traffico dei coloni [che
passano] sopra di loro. “L’autostrada
4370 dovrebbe essere vista nel contesto più ampio come una continuazione della
politica (da parte di Israele) di separazione e della creazione di enclave solo
israeliane.”
Agli occhi
di Daniel Seidemann, avvocato e attivista che dirige l’Ong israeliana
“Terrestrial Jerusalem” [Gerusalemme Terrena, associazione israeliana che
studia l’impatto delle politiche sulla città, ndtr.] e che ha passato gli
ultimi 20 anni a monitorare i mutamenti nel panorama della città, la Route 4370 ha anche una dimensione
geopolitica. L’autostrada, afferma, è parte della strategia
israeliana a lungo termine di “creazione di contiguità territoriale tra
Gerusalemme e le colonie che la circondano,” soprattutto con la molto discussa
area E1, la zona di 12 km2 che si trova tra Gerusalemme e la colonia di
Ma’ale Adumim in Cisgiordania.
Per decenni
Israele ha desiderato edificare colonie nell’area, collegando l’insediamento a
Gerusalemme e dividendo concretamente in due la Cisgiordania.
Oltretutto,
afferma Seidemann, la strada è solo il primo passo nel progetto israeliano di
escludere i palestinesi dall’utilizzo della Route 1, parte della quale viene
utilizzata sia dagli israeliani che dai palestinesi in Cisgiordania. Tutto ciò,
ritiene, ha lo scopo di pregiudicare le possibilità di costituzione di uno
Stato palestinese e di procedere con la progressiva annessione di ampie zone
della Cisgiordania.
“Netanyahu è
impegnato in un indirizzo strategico per stabilire unilateralmente un confine
di fatto tra Israele e la cosiddetta Palestina,” dice Seidemann. “La strada è stata aperta ora perché le
politiche del primo ministro stanno finalmente prendendo forma. L’obiettivo
finale è l’annessione dell’Area C [più del 60% dei territori
occupati, in base agli accordi di Oslo sotto totale ma provvisorio controllo di
Israele, ndtr.] della Cisgiordania con una minima presenza palestinese. Ciò è quello che stiamo vedendo
succedere nella E1.”
La Route 4370 non è la prima autostrada segregata
nei territori palestinesi occupati per uso esclusivo degli israeliani. Durante la Seconda Intifada
Israele ha chiuso la Route 443, una seconda autostrada che unisce Gerusalemme
alla zona di Tel Aviv, al traffico palestinese in seguito a una serie di casi
di spari letali contro veicoli israeliani. Nel giugno 2007 gli abitanti di sei
villaggi che si trovano nei pressi della Route 443 fecero richiesta all’Alta
Corte di Giustizia israeliana di riaprire la strada ai palestinesi. Due anni e
mezzo dopo, la corte stabilì che ai palestinesi doveva essere consentito di
utilizzare la strada della Cisgiordania.
“L’Alta
Corte, almeno sulla carta, sentenziò che Israele doveva smettere di consentire
solo agli israeliani di utilizzare la Route 443” continua Seidemann. “Questo
caso è diverso. Non si tratta di una politica specifica, ma piuttosto di una
scelta già ben ponderata da molto tempo. Riguarda la costruzione di
infrastrutture separate e parallele per israeliani e palestinesi; questo tipo
di cose non era mai stato fatto prima.”
“La Route
4370 è stata concepita per creare un effetto domino,” dice Ahmad SubLaban, un
ricercatore sul campo del gruppo per i diritti umani con sede a Gerusalemme “Ir
Amim” [“Città di Persone”, Ong israeliana che si occupa delle politiche
applicate a Gerusalemme, ndtr.]. “L’autostrada è parte di un puzzle che verrà
terminato per collegare prima o poi Gerusalemme a Ma’ale Adumim, a Gush Etzion,
alle colonie della zona di Ramallah e a quelle di Givat Ze’ev. Al momento il
puzzle non è ancora stato completato.”
Per ora i
cittadini israeliani che utilizzano la strada avranno un percorso più rapido
dalle colonie della zona di Ramallah verso i quartieri ebraici di Gerusalemme,
soprattutto durante l’ora di punta. A quelli che viaggeranno sul lato
palestinese verrà impedito di entrare a Gerusalemme, anche se la nuova strada
renderà effettivamente più breve il loro viaggio dalla zona di Ramallah alla
parte meridionale della Cisgiordania.
* (Traduzione di Amedeo Rossi pubblicata
originariamente su zeitun.info)
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