Due donne
per una donna, due simboli della lotta dei popoli per un simbolo della lotta di
un popolo, due ex prigioniere politiche a una prigioniera politica: le voci di Leila Khaled e di Angela
Davis si sono alzate, a poche ore di distanza, in solidarietà con Leyla Guven,
parlamentare dell’Hdp, formazione della sinistra turca, imprigionata dal
governo di Ankara da un anno per aver criticato l’operazione «Ramoscello di
ulivo» contro il cantone curdo-siriano di Afrin e in sciopero della fame da 72
giorni.
Angela
Davis, storica attivista dei diritti degli afroamericani, le ha dedicato una
lettera sul New York Times: «Dopo aver dedicato
anni della sua attività politica alla lotta contro le occupazioni illegali
delle regioni curde da parte dello Stato turco, ora
offre la sua vita come forma di protesta. Guven è di enorme ispirazione a chi
nel mondo crede alla giustizia e alla liberazione».
Davis ha poi
ricordato l’identica condizione di migliaia di leader, membri e sostenitori
dell’Hdp, detenuti in Turchia, e la chiusura imposta da Ankara al Free Women’s
Congress curdo.
Il giorno
prima erano arrivate le parole di Leila Khaled, combattente e icona del Fronte
Popolare per la Liberazione della Palestina: «Nelle prigioni turche e
israeliane i rivoluzionari entrano in sciopero della fame per la libertà, la
giustizia, per porre fine al sistema di potere che vuole spegnere le voci che
vogliono democrazia. Mia cara amica
Leyla, la tua pazienza e la tua lotta sconfiggeranno la fame. Ti tengo la mano,
sei modello a tutte le donne del mondo».
Da sempre in
prima linea per i diritti del popolo curdo, arrestata decine di volte per il
suo impegno, Leyla Guven rifiuta
da novembre il cibo. La sua richiesta è chiara: la fine dell’isolamento imposto
al leader del Pkk Abdullah Ocalan. Ma le sue condizioni di salute
sono estremamente gravi: «Ha crampi di stomaco, forti emicranie», dicono i
legali, dal 10 gennaio impossibilitati a incontrarla perché troppo debole per
camminare fino all’area visitatori del carcere.
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