Prima ancora di fissare le strategie elettorali con i partiti insieme ai
quali ha governato e probabilmente governerà, Bibi Netanyahu ha incontrato i capi
dei coloni subito dopo avere annunciato elezioni anticipate. ”Un governo di
sinistra metterebbe in pericolo il movimento dei settler” nei Territori
occupati palestinesi; “Dobbiamo vincere le prossime elezioni: è una battaglia
per la nostra casa”, ha spiegato il premier.
Nethanyahu ha la capacità di dire cose diverse a diversi interlocutori: in
politica è una qualità. Con la comunità internazionale non esclude di arrivare
alla soluzione dei due stati per due popoli con i palestinesi; se ha di fronte
i coloni, fa capire che quell’ipotesi è morta e sepolta.
Non tutti i capi di Yesha, il movimento che riunisce i consigli regionali
di Giudea e Samaria, come loro chiamano la Cisgiordania occupata, hanno fiducia
in Bibi. Alcuni di loro, soprattutto quelli delle organizzazioni più estremiste
di un movimento già estremista, vogliono cose concrete: soldi, riconoscimento
legale per gli avamposti: poche case mobili su terreni spesso legalmente
posseduti dai palestinesi, destinate a diventare nuove colonie.
Pretendono anche protezione dall’esercito nonostante ne abbiano già molta,
e loro stessi posseggano piccoli arsenali. “Se Netanyahu sostiene i coloni, noi
sosteniamo lui”, “Devi scegliere fra noi e Talia Sasson”. Nel 2005 la
commissione governativa guidata da Sasson, aveva censito gli avamposti,
dimostrandone l’illegalità anche per le leggi israeliane – oltre che per la
comunità internazionale – e suggerendone la demolizione. Le sue raccomandazioni
sono state in gran parte ignorate.
Da anni i 700mila coloni condizionano come una cosca mafiosa la vita della
maggioranza degli israeliani (7 milioni). Penetrano nel sistema giudiziario, in
quello scolastico, fra i ranghi dell’esercito e dell’intelligence. “Agenti
provocatori” dei coloni sono stati scoperti nelle organizzazioni pacifiste e di
sinistra. Fra un decennio la Corte suprema e lo Stato maggiore delle Forze
armate – i due principali baluardi della democrazia israeliana – saranno nelle
loro mani. Attraverso i ministri del loro partito di riferimento, Habayit Hayehudi,
già controllano il sistema educativo, il dicastero della giustizia e
dell’agricoltura. A luglio, in una conferenza organizzata dal ministero per
l’Educazione un leader colono e terrorista noto alle autorità, Moshe Zar, ha
spiegato fra gli applausi: “Costruisci una casa ed è come eliminare centinaia
di arabi; costruisci un insediamento ed è come uccidere migliaia di gentili”, i
cristiani. Neanche Osama bin Laden avrebbe saputo dire di meglio.
Ministri e deputati di Habayit Hayehudi stanno cercando di far passare una
legge che legalizzerà più di 60 avamposti. Se approvata, lo stato dovrà
garantire a sue spese sicurezza, acqua, elettricità e tutti i servizi pubblici.
Secondo il procuratore generale Avichai Mandelblit – lo stesso che deve
decidere se formalizzare le accuse di corruzione nei confronti di Netanyahu –
una legge così “in un paese democratico che rispetta le leggi non può essere
presentata come una conquista politica”.
I metodi violenti, il potere dei coloni, canceroso per la democrazia
israeliana, hanno cambiato anche il Likud, il partito del sionismo revisionista
storicamente laico. La vecchia forza politica che dalla fine degli anni
Settanta ha governato Israele molto più dei laburisti, si sta mutando in un
partito religioso di estrema destra, senza più legami al centro. Sono ormai i
coloni che definiscono il discorso politico su posizioni intolleranti e
insostenibili.
La ramificazione del loro potere non si ferma dentro i confini d’Israele.
Fra le leggi in attesa al Congresso, a Washington, c’è la Israel Anti-Boycott
Acy che impone condanne civili e penali alle imprese e alle organizzazioni che
boicottano Israele in difesa dei diritti palestinesi e contro l’occupazione
della Cisgiordania. Personalmente sono contrario al boicottaggio di Israele: le
sanzioni dovrebbero riguardare i prodotti delle colonie, non genericamente
tutto ciò che è israeliano. Le sanzioni alla Russia, per esempio,
colpiscono gli oligarchi vicini a Putin, non la popolazione russa.
Nel provvedimento del Congresso è in gioco il diritto di esprimere
opinioni. Anziché organizzare crociate contro Bds (Boicottaggio,
Disinvestimento Sanzioni), il governo israeliano dovrebbe chiedersi perché
questo movimento internazionale si allarghi sempre di più.
Chi è dunque il vero nemico d’Israele? Coloro che ne giudicano le politiche
come accade a ogni paese democratico, o chi diffonde il cancro intollerante,
ultra- religioso e nazionalista?
Nella sua ultima visita in Germania, Netanyahu ha consegnato ad Angela
Merkel una lettera di sette pagine intitolata “Finanziamenti tedeschi a
organizzazioni che intervengono negli affari interni israeliani o promuovono
attività anti-israeliane”. Nel documento si chiede al governo di Berlino di
tagliare i fondi a numerosi enti tedeschi. C’è anche il Festival del cinema e –
ancora più incredibile – il Museo ebraico. Magnifico e commovente quasi quanto
lo Yad Vashem a Gerusalemme, il museo aveva organizzato una mostra su
Gerusalemme che, diceva la lettera, “principalmente riflette la narrativa
musulmano-palestinese”. La rassegna si era limitata a offrire ANCHE la
narrativa palestinese. Neanche il principe ereditario saudita avrebbe avuto la
faccia tosta di presentare un documento così a un governo occidentale. La
ministra della Cultura israeliana, promotrice della lettera, pretende d’imporre
alla Germania la stessa “lealtà della cultura allo stato” che sta affermando in
Israele.
E’ questo che fa bene a Israele, sono questi i valori che lo renderanno
invincibile? Ed è questo che serve a sconfiggere gli antisemiti veri? Chi è,
alla fine, il vero nemico di Israele: chi scrive un blog come questo o i
fondamentalisti delle colline di Giudea e Samaria?
Nessun commento:
Posta un commento