Il 2018 non è stato un buon anno per Israele. Ovviamente per i palestinesi
è stato persino peggiore. In apparenza non è stato un anno particolarmente
drammatico – solo un po’ più del solito, senza nuove guerre significative e
senza molto spargimento di sangue, se confrontato con gli anni precedenti. Le
cose sembrano bloccate. L’occupazione è continuata
senza ostacoli, come l’impresa di colonizzazione. Gaza ha cercato di resistere
energicamente da dentro la sua miserabile gabbia, facendo uso delle sue misere
e limitate forze.
Il mondo ha distolto gli occhi dall’occupazione, come ha fatto solitamente
negli ultimi anni, e si è concentrato totalmente su altre cose.
Gli israeliani, come il resto del mondo, non si sono interessati
dell’occupazione, come ormai hanno fatto da decenni. Hanno silenziosamente
continuato con la loro vita quotidiana ed è buona, prospera. L’obiettivo
dell’attuale governo – il più di destra, religioso e nazionalista nella storia
di Israele – di conservare lo status quo in ogni modo è stato totalmente
raggiunto. Non è successo niente che interferisse con la cinquantennale dura
occupazione.
Verso un’annessione formale
Tuttavia sarebbe un grave errore pensare che ogni cosa sia rimasta uguale.
Non c’è nessuno status quo riguardo all’occupazione o all’apartheid, anche se a
volte così sembra.
Il 2018 è stato l’anno in cui è stata predisposta
l’infrastruttura giuridica per quello che sta per avvenire. Un passo alla
volta, con una legge dopo l’altra, sono state poste le fondamenta della
legislazione per una situazione che esiste già in pratica da molto tempo. Poche proposte
di legge hanno provocato una discussione, a volte persino con un dissenso
chiassoso – ma anche questo non ha lasciato traccia.
Sarebbe un errore occuparsi separatamente di ogni iniziativa legislativa,
per quanto drastica e antidemocratica. Ognuna è parte di una sequenza
calcolata, funesta e pericolosa. Il suo obiettivo: l’annessione formale dei
territori, iniziando dall’Area C [più del 60% della Cisgiordania, in base agli
accordi di Oslo sotto totale ma temporaneo controllo di Israele, ndtr.]
Finora le fondamenta pratiche sono state poste sul terreno. La Linea Verde
è stata cancellata molto tempo fa, i territori sono stati annessi di fatto. Ma
ciò non è sufficiente per la Destra, che ha deciso che dovessero essere prese
iniziative giuridiche e legislative per rendere permanente l’occupazione.
Prima hanno costruito colonie, in cui ora risiedono più di 700mila ebrei,
compresa Gerusalemme est, per creare una situazione irreversibile nei
territori. Questa impresa è stata completata, e la vittoria dei coloni e dei
loro sostenitori è chiara e inequivocabile. Lo scopo delle colonie – sventare
ogni prospettiva di fondazione di uno Stato palestinese nei territori occupati
nel 1967 ed eliminare dalle trattative una soluzione dei due Stati – è stato
pienamente raggiunto: hanno vinto. Ora, vogliono che questa situazione
irrevocabile debba essere anche inserita nella legge, per neutralizzare
l’opposizione all’annessione.
Contrastare l’opposizione
Questo è il principale obiettivo di ogni legge discriminatoria e
nazionalista approvata nel 2018 dalla ventesima Knesset [parlamento, ndtr.] israeliana. Ognuna di esse intende contrastare
ciò che resta dell’opposizione all’annessione dei territori.
Ci si aspettava una resistenza da parte del sistema giuridico israeliano e
anche dai piccoli e rinsecchiti resti della sinistra nella società civile.
Contro entrambi è stata dichiarata una guerra per indebolirli e sconfiggerli
una volta per tutte, mentre ci avviciniamo all’annessione. Fino a quel momento,
e se questa tendenza continuerà nel prossimo governo, non ci sarà nessuna
ulteriore resistenza significativa nella società civile, e Israele potrà
continuare a mettere a punto il suo nuovo regime.
L’apartheid è stata istituita nei territori da molto tempo e ora sarà anche
nelle leggi. Quelli che negano che ci sia un’apartheid israeliana – i
propagandisti pro-sionisti che affermano che, a differenza del Sud Africa, in
Israele non ci sono leggi razziste o una discriminazione istituzionalizzata dal
punto di vista legislativo – non saranno più in grado di diffondere i loro
argomenti privi di fondamento.
Alcune delle leggi approvate quest’anno e quelle in
via di approvazione, minano l’affermazione che Israele sia una democrazia
egualitaria. Eppure tali norme hanno anche un aspetto positivo: queste leggi e
quelle che arriveranno strapperanno la maschera e una delle più lunghe finzioni
nella storia finalmente avrà termine. Israele non sarà più in grado di
continuare a definirsi una democrazia – “l’unica del Medio Oriente”.
Con leggi come queste non sarà in grado di smentire l’etichetta di
apartheid. Il prediletto dell’Occidente svelerà il suo vero volto: non
democratico, non egualitario, non l’unico in Medio Oriente. Non è più possibile
fingere.
L’apparenza dell’uguaglianza
È vero che una delle prime leggi mai adottate in Israele – e forse la più
importante e funesta di tutte, la Legge del Ritorno, approvata nel 1950 –ha
segnato molto tempo fa la direzione nella maniera più chiara possibile: Israele
sarebbe stato uno Stato che privilegia un gruppo etnico sugli altri. La Legge
del Ritorno era rivolta solo agli ebrei.
Ma la parvenza di uguaglianza in qualche modo ha resistito. Neppure i
lunghi anni di occupazione l’hanno alterata: Israele ha sostenuto che
l’occupazione era temporanea, che la sua fine era imminente e non faceva quindi
parte dello Stato egualitario e democratico che era stato così orgogliosamente
fondato. Ma dopo i primi 50 anni di occupazione, e con la massa critica di
cittadini ebrei che sono andati a vivere nei territori occupati su terre rubate
ai palestinesi, l’affermazione riguardo alla sua provvisorietà non avrebbe più
potuto essere presa sul serio.
Fino a poco tempo fa i tentativi di Israele erano soprattutto diretti a
fondare e allargare le colonie, reprimendo al contempo la resistenza dei
palestinesi all’occupazione e rendendo il più possibile penose le loro vite,
nella speranza che ne traessero le necessarie conclusioni: alzarsi e andarsene
dal Paese che era stato il loro. Nel 2018 fulcro di questi sforzi è passato al
contesto giuridico.
La più importante è la legge dello Stato-Nazione,
approvata in luglio. Dopo la Legge del Ritorno, che automaticamente consente a
qualunque ebreo di immigrare in Israele e una legislazione che consente al
Fondo Nazionale Ebraico di vendere terra solo agli ebrei, la legge dello
Stato-Nazione è diventata la prima della lista per lo Stato di apartheid che
sta arrivando. Conferisce formalmente uno status privilegiato agli ebrei, anche alla
loro lingua e ai loro insediamenti, rispetto ai diritti dei nativi arabi. Non
contiene nessun riferimento all’uguaglianza, in uno Stato in cui in ogni caso
non ce n’è affatto.
Contemporaneamente la Knesset ha approvato qualche altra legge ed ha
iniziato alcune ulteriori misure nella stessa ottica.
Prendere di mira i sostenitori del BDS
In luglio è stato approvato un emendamento alla legge sull’educazione
pubblica. In Israele è chiamata la legge di “Breaking the Silence” [“Rompere il
silenzio”, associazione di militari ed ex militari che denuncia quanto avviene
nei territori occupati, ndtr.], perché il
suo vero proposito è impedire alle organizzazioni di sinistra di entrare nelle
scuole israeliane per parlare agli studenti. Ha come scopo spezzare la
resistenza all’annessione.
Allo stesso modo un emendamento alla legge sul boicottaggio, che consente
di intraprendere un’azione legale contro israeliani che abbiano appoggiato
pubblicamente il movimento Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni
(BDS), renderà possibile intentare una causa per danni contro sostenitori del
boicottaggio, anche senza dover dimostrare un danno economico.
Un altro governo di destra come questo e sarà vietato appoggiare il
boicottaggio in Israele, punto. Quindi verrà vietato anche criticare i soldati
israeliani o il loro ingiusto comportamento nei territori. Proposte di legge
come queste stanno già circolando e il loro giorno arriverà piuttosto
rapidamente.
Un’altra legge approvata quest’anno trasferisce i ricorsi da parte di
palestinesi contro gli abusi dell’occupazione dalla Corte Suprema Israeliana,
che comunque non gli è poi stata così d’aiuto, al tribunale distrettuale di
Gerusalemme, dove ci si aspetta che riceveranno un sostegno legale ancora
minore.
Una legge per espellere le famiglie di terroristi ha superato la prima
lettura alla Kensset, contro il parere della procura generale; consentirà
punizioni collettive nei territori, solo per gli arabi. Stanno anche discutendo
della pena di morte per i terroristi.
Ed è stata approvata anche la legge sugli accordi, che legalizza decine di
avamposti delle colonie che sono illegali persino secondo il governo
israeliano. Solo la legge sulla lealtà culturale, il livello legislativo più
basso, che intende imporre la fedeltà verso lo Stato come precondizione per
ottenere finanziamenti governativi a istituzioni culturali e artistiche, per il
momento è stata congelata – ma non per sempre.
Copertura legale
Le leggi approvate quest’anno non devono essere viste solo come norme
antidemocratiche che compromettono la democrazia in Israele, come la situazione
viene di solito descritta dai circoli progressisti in Israele. Sono pensate per
fare qualcosa di molto più pericoloso. Non intendono solo minare la fittizia
democrazia, per imporre ulteriori discriminazioni contro i cittadini
palestinesi di Israele e trasformarli per legge in cittadini di seconda classe.
Il loro vero scopo è fornire una copertura legale per l’atto di annessione
formale dei territori oltre i confini riconosciuti dello Stato di Israele.
Nel 2018 Israele si è avvicinato alla realizzazione di questi obiettivi. La
calma relativa che è prevalsa nel Paese è ingannevole. Sta iniziando lo Stato
di apartheid di diritto, non solo di fatto.
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