lunedì 28 gennaio 2019

Il grande caos - Ugo Tramballi





Notizie dell’ultima settimana. Conflitto sempre più aperto fra Israele e Iran, in Siria; due presidenti a Caracas; nuove minacce russe su Narva, Estonia.
Apparentemente niente di buono sotto il sole ma nemmeno di nuovo: è difficile trovare negli annali un momento nel quale il mondo sia stato armoniosamente in pace, da un polo all’altro. Ma il quadro globale dentro il quale agiscono riformatori e provocatori, santi e guerrieri, deboli e forti, leder eletti, dittatori e cialtroni, è molto cambiato rispetto agli ultimi settanta e passa anni: oggi assomiglia a quella condizione di caos sempre meno controllabile che ha preceduto i grandi conflitti.
Una buona spiegazione di tutto questo l’ha data al World Economic Forum di Davos Fang Xinghai, il vicepresidente della più importante agenzia governativa cinese di regolamentazione del mercato mobiliare: “Dovete capire che la democrazia non funziona molto bene. Nei vostri paesi avete bisogno di riforme politiche”. Sappiamo anche noi in Occidente che occorre mettere mano al sistema, rinnovarlo, democratizzarlo ancora di più sul piano politico e sociale. Anche se le riforme di cui abbiamo bisogno non sono esattamente quelle che Fang ci esorta ad abbracciare: per esempio prendersi la libertà di rinchiudere in campi di rieducazione più di un milione di musulmani dello Xingjiang.
La dichiarazione del cinese è importante per un’altra ragione: constata che la contrapposizione fra mondo liberale e illiberale è tornata a livelli pericolosi; che il secondo è all’assalto del primo con la convinzione d’impadronirsene; che nel nostro fronte democratico ci sono crepe e tradimenti sempre più manifesti; che nel mondo illiberale ci sono dittatori determinati (del resto è una caratteristica del satrapo che non deve rendere conto a nessuno) e in quello liberale leader disorientati.
Riprendiamo i citati casi della settimana. Mai Israele aveva ammesso così chiaramente di avere bombardato postazioni iraniane in Siria e di aver compiuto incursioni con i suoi reparti speciali. Forse perché Bibi Netanyahu è in campagna elettorale – si vota ad aprile – e perché pende su di lui un possibile procedimento per corruzione. Ma in Israele non sempre le guerre garantiscono consenso nell’urna. E’ più probabile che Netanyahu abbia agito perché i russi non sono capaci di tenere gli alleati iraniani lontano dai confini israeliani; e perché pensa che gli americani non siano più un alleato credibile in Medio Oriente, quindi bisogna fare da se. In sostanza, gli attori locali si sentono più liberi di agire in assenza di arbitri che dovrebbero negoziare e spingerli alla moderazione.
Questa assenza di arbitri –o, peggio, a volte il loro coinvolgimento in modo sbagliato –  è ancora più evidente e pericoloso negli altri due episodi della settimana. Se il regime dispotico e incapace di Nicolàs Maduro cadesse domani, sarebbe sempre troppo tardi. Ma come se ne esce ora che Juan Guaidò è diventato l’altro presidente, sostenuto dal mondo democratico, e in soccorso di Maduro sono corsi russi, cinesi, turchi, cubani e populisti? (Nell’autunno 2017 il sito dei Cinque Stelle esaltava il modello economico russo-cubano). E se il Venezuela di Maduro e dei generali incomincia a reprimere l’altro Venezuela, Trump come sosterrà Guaidò?
Ugualmente pericolosa è la situazione a Narva, città estone a maggioranza russa e al confine con la Russia. C’è il pericolo che Mosca voglia ripetere il colpo di mano dell’annessione della Crimea. La differenza è che l’Ucraina non era un membro della Nato, l’Estonia si. Forse Putin pensa sia venuto il momento di tastare la profondità del disprezzo di Donald Trump per l’Alleanza atlantica e la Ue: isolazionismo e sovranismo che sempre al Forum di Davos Mike Pompeo, il segretario di Stato americano, ha di nuovo teorizzato ed esaltato.
E’ comprensibile che tutta questa gente, governo italiano compreso, abbia riempito di critiche e d’insulti il trattato franco-tedesco di Aquisgrana. Avere ribadito i legami continentali nella città dove da oltre mille anni gli europei sanciscono la fine le loro guerre, è stata la prima concreta reazione dell’Occidente all’illiberalità che lo assedia da fuori e da dentro. L’Unione si salva incominciando a creare velocità diverse: è giusto che i due paesi storicamente leader del movimento europeista vadano avanti nella costruzione di un continente davvero unito ed efficiente. E’ magnifico che finalmente la Francia pensi di rinunciare alla sua presunzione di sentirsi la potenza militare che non è. Che senso ha aspettare la piccola Europa egoista di Visegrad; sopportare le contorsioni italiane che iniziano sempre un’impresa con una parte e la concludono con quella opposta; continuare a stare con quelli che guardano a Putin come a un modello da seguire?




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