1. Come ogni anno al termine del Vertice Nato, eccoci qui a commentare ancora una volta la galleria degli orrori che emerge dal Comunicato Finale firmato dai sedicenti “Capi di Stato e di Governo dell'Alleanza del Nord Atlantico”. Tali autoproclamatisi padroni del mondo fanno venire le palpitazioni già nell’esordio, quando affermano che cotanta Alleanza è la più forte della storia, nobile e pacifico concetto questo, su cui si è successivamente dilungato l’attuale segretario generale Marc Rutte, un secondo omen nomen, dopo quello del suo predecessore Stoltemberg, entrambi reclutati per la loro capacità di rendere ancor più umiliante il vassallaggio europeo nei confronti del dominus atlantico.
Prima ancora
di entrare nel merito, la domanda su cui pone l’accento il resto del
mondo (6,4 miliardi di individui), al quale la citata distensiva riflessione
filosofica è manifestamente rivolta, ha riguardato la tipologia di sostanze
stupefacenti di cui fanno uso tali eccelse autorità. Con tale lessico
corrosivo, infatti, cotanto raggruppamento di individui, cui anche un medico
alle prime armi consiglierebbe un urgente trattamento disintossicante,
mira a incutere terrore alle nazioni che si ostinano a
resistere al saccheggio universale da parte dell’Impero del Bene, guidato dalle
oligarchie statunitensi con accompagnamento ancillare della servitù europea.
Dopo
l’immancabile richiamo all’art. 5 del Trattato di Washington, che
riafferma il ferreo impegno alla difesa collettiva - su cui a
decidere, sia detto en passant, sarà in ogni caso sempre e solo la
Casa Bianca (che se fosse chiamata Nera renderebbe meglio
l’idea!) - il documento sottolinea la saldezza della
determinazione a proteggere la sicurezza di quel miliardo di cittadini che
fanno parte dell’Alleanza (e che nessuno beninteso minaccia) e a salvaguardare
la libertà e la democrazia in Occidente (invero in forte declino proprio a
causa del liberticismo degli impopolari governi
euro-atlantici), un Occidente che i restanti 7 miliardi di individui al mondo
percepiscono per quello che è, una minaccia alla pace e alla loro indipendenza.
2. Il Comunicato afferma quindi che i paesi Nato sono più che
mai uniti di fronte alle serie intimidazioni, minacce e sfide alla
sicurezza, in particolare quelle di lungo termine provenienti dalla
Russia. Ora, cosa mai nasconda la precisazione “di lungo termine”
l’hanno forse in mente i cupi amanuensi della Cia, perché son
loro che redigono e impongono ogni virgola di tali documenti al resto della
platea atlantica, la quale si limita di norma a firmarli, qualche volta persino
dopo averli letti. Su cosa fondino poi il convincimento che la Russia minacci
di invadere paesi Nato, anche questo resta un mistero che sarà magari risolto
dopo che siffatte personalità (si fa per dire!) politiche
saranno trapassate, se non biologicamente almeno politicamente, mentre
tale fabbricato convincimento viene frantumato da infinite e
argomentate analisi di fonti alternative (il web ne è ricco per chi ha
curiosità), fondate su logica e dati di fatto (che prendiamo
la libertà di omettere, nell’assunto che a leggere queste righe non siano
bambini di cinque anni, con ritardo conclamato).
Un’altra
perla emergente dal documento in parola è costituita dal riferimento alla
persistente minaccia del terrorismo, contro cui l’Alleanza è
chiamata a rafforzare le sue difese, senza che tale sottolineatura abbia
punto vaghezza ai citati governanti di riflettere sul profilo professionale
dell’attuale leader di un paese chiamato Siria, Ahmad Husayn al-Shara, noto a
suo tempo col nome di battaglia di Abu Muhammad al Jawlani (semplificato
in al-Julani), che fino al novembre 2024 gli Stati Uniti (e quindi
anche gli europei) avevano qualificato come spietato tagliagole di
cristiani, al servizio di Isis, al-Qaida, al-Nusra e altre confraternite
mediorientali dedite al bene comune.
L’oblio
strategico imposto sui trascorsi passatempi del terrorista al-Julani da
parte dell’Impero Atlantico, d’intesa con i compagni di merende, la Turchia
del parolaio Erdogan e l’Usa-fratello Stato
Ebraico, consente di risparmiare 10 milioni di dollari di taglia che nel maggio
2013 gli Stati Uniti avevano posto sulla sua testa, nel perseguimento del
superiore obiettivo di smembrare la Siria e dividerne le spoglie tra i
menzionati saccheggiatori. È così che, per caduta gravitazionale imposta, i
ministri europei (tra i quali il cattolicissimo italiano) si
precipitano a stringere la mano al fratello Julani. Non si può
credere, facce di tola che più di tola di
così difficile trovarne nel sistema solare!
3. Ma eccoci al clou del papier in questione, quello che
sottolinea - con vivo compiacimento! - che gli alleati si impegnano
a investire ogni anno nel settore della difesa il 5% del loro Pil entro il 2035
(una cifra astronomica di cui i paesi europei non avranno mai, dicesi, mai, a
disposizione), per dare immaginifica attuazione agli
obblighi collettivi ai sensi dell'art. 3 del Trattato, il quale beninteso non
fa riferimento ad alcuna percentuale, ma ormai tutto può essere contraffatto o
contraddetto, poiché il popolo conta un secco fico, non legge, non ascolta non
chiede ragione di ciò né ora, né alle prossime elezioni. Democrazia dolce
stil novo!
Mentre
dovremmo rimpinguare le tasche già piene dei produttori di
morte, vengono però totalmente obliterati gli obblighi contenuti nel Trattato
di Non Proliferazione (TNP, sottoscritto da tutti i paesi rappresentati), che
impongono di ridurre le spese della cosiddetta difesa, perché –
oltre a comprimere i beni pubblici, scuole, ospedali e via dicendo - più si
spende in armi più crescono le probabilità di un conflitto. Lo stesso TNP
imporrebbe altresì alle potenze nucleari militari di ridurre i loro arsenali
atomici, ma ahimé solo il padreterno può imporre a una potenza nucleare di fare
alcunché. Se così stanno le cose, allora lorsignori, per favore, non disturbate
i nostri timpani con termini nobili quali democrazia, diritto
alla vita, convivenza pacifica, diritto internazionale, Trattati, convenzioni e
via intortando: del resto, il cittadino-mondo, frastornato da smartphone e
diavolerie varie, ha altro a cui pensare. D’altro canto, se i governanti di
nazioni che si pretendono civili seguono la legge che vige nelle profondità
della foresta amazzonica – che noi per semplificare chiamiamo della
giungla – beh, allora tutto è drammaticamente chiaro.
Per tornare
al tema, gli ingenti (e come detto velleitari) investimenti nelle
armi dovrebbero garantire – secondo quei superiori cervelli - forza,
capacità, risorse, infrastrutture, prontezza bellica e resilienza (non
poteva mancare tale neologismo confondente) al fine di scoraggiare
i nemici (?) e difenderci da essi (?), in linea con i tre compiti fondamentali
di a) deterrenza e difesa, b) prevenzione, c) gestione delle crisi e sicurezza
cooperativa. Stiamo freschi.
Ora, questo
5% comprende due categorie di investimenti, il 3,5% per esigenze dirette della
difesa e il raggiungimento degli obiettivi di capacità Nato, e il restante
1,5% per costruire o proteggere infrastrutture critiche. Davanti
alla trovata furbesca di molti paesi - tra cui l’Italia, con il Ponte di
Messina – di inserirvi investimenti civili estranei alla cosiddetta difesa, per
salvare la cosiddetta faccia, i padroni americani hanno manifestato visibile
irritazione, non accettando di essere presi per il fondo schiena.
In ogni caso, difendere le reti, garantire la preparazione civile e resilienza (ancora!), innovazione
e industria della difesa, sono tutti ambiti che saranno riesaminato nel
2029, alla luce dell’evolversi degli eventi (e da parte di altre persone
politiche, poiché quelle attuali saranno tutte, o quasi, defunte).
Gli
alleati – ecco una delle principali consegne imposte ai maggiordomi europei,
più o meno ruttiani – s’impegnano altresì a eliminare le
barriere commerciali e a favorire partnership industriali nel settore difesa,
una consegna che, tradotto in lessico comprensibile, sta a significare che gli
europei dovranno comprare le armi in questione soprattutto dai produttori
americani e, dopo averle in qualche modo utilizzate, comprarne ancora e ancora,
in un cerchio mortale senza deadline.
4. Se dunque il recente vertice Nato dell’Aja ha quest’anno partorito un comunicato asciutto,
privo di quelle concettualizzazioni di alta programmazione strategica che
avevano caratterizzato i deliranti vertici precedenti, prolissi e
incomprensibili quanto una Bibbia in greco antico, non per questo, tuttavia,
esso deve considerarsi un capitolo aggiuntivo del Vangelo secondo san Marco.
Sul tema
Ucraina, sebbene non si parli (come ai Vertici 2022-23-24) di ingresso nella
Nato, gli alleati riaffermano l’impegno a difenderne la sicurezza,
perché questo contribuisce a sostenere la nostra (ma quando mai?), e a
includere contributi diretti a quel governo (il più corrotto del sistema
solare) nel calcolo delle spese. Ma il diavolo si nasconde nei dettagli. E
dunque la strategia dei diabolici gnomi della Cia-Mi6 e dintorni, potrebbe
essere più sottile. Se occorre rafforzare l’impianto trumpiano che prima o poi
sarà necessario giungere a un compromesso con Mosca, che ne fa una questione
pregiudiziale, per spostare il fronte imperiale in Estremo Oriente contro la
Cina, allora è necessario ribadire “niente Nato per Kiev”. Mosca, però, non
sarà per questo diventata amica, ma al massimo una nazione non
nemica, essendo vista quale perenne alleata di
Pechino, a sua volta vera sfidante dell’egemone unipolare.
Quanto
all’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea, questo resta un obiettivo, anzi
nel sotto-pensiero vonderLeyenesco, l’obiettivo
cruciale dell’impianto di sicurezza europea (in mancanza dell’altro, che gli
Usa non vogliono), di cui invero la bellicosa tedesca non
avrebbe nemmeno titolo di occuparsi, essendo la difesa competenza primaria dei
paesi membri e non della Ue.
Se
l’ingresso nella Ue di Kiev è falsificato in termini di costi (enormi) e di
qualificazioni richieste (discriminazione di coloro che parlano russo, ungherese,
rumeno, polacco e altro) – esprimo qui l’auspicio che i gendarmi europei si
rechino un giorno a casa vonderLeyen per sequestrarle tutti i
beni fino al quarto grado di parentela e affinità – vi è un altro aspetto
ancora più inquietante.
L’art. 42,
punto 7, del Trattato di Lisbona, infatti, così recita: “qualora uno stato
membro subisca un’aggressione armata nel suo territorio, gli altri stati membri
sono tenuti a prestagli aiuto e assistenza con tutti i mezzi in loro possesso,
in conformità con l’art. 51 della Carta delle Nazioni Unite. Ciò non pregiudica
il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di taluni stati
membri”. Mentre l’art. 5 della Nato è più chiaro, quello europeo è più
involuto, ma nella sostanza dice la medesima cosa: se un paese viene aggredito,
gli altri sono tenuti a intervenire. Sulla nozione di aggressione si potranno
poi infiocchettare operazioni false flag o provocazioni
Cia-Mi6 a non finire, basta volerlo! Quindi se l’Ucraina pur non
entrando nella Nato, entrerà però nella UE, il rischio di una guerra allargata
in Europa - in un mondo affollato di missili nucleari intercontinentali e altre
diavoleria distruttive – sarà lo stesso, con buona pace dei confusi
pacifisti euroinomani e persino, su un altro fronte, delle
neutrali Austria e Irlanda.
5. Per concludere - dopo aver rivolto un pensiero ai martiri palestinesi che
muoiono ogni giorno sotto le bombe disumane del macellaio B. Netanyahu,
affiancato dal complice cripto-macellaio D. Trump e dai silenti complici europei,
anch’essi quasi tutti aiuto-macellai – avvertiamo l’impulso di rivolgere una
supplica a una mente eccelsa, da tempo non più in vita: caro George (Orwell),
sempre ti saremo grati per gli ammonimenti e le riflessioni che hai avuto
premura di lasciarci in eredità prima di entrare nei Campi Elisi. Oggi,
tuttavia, più che mai avremmo bisogno del tuo intelletto per orientarci in un
mondo dove ci sentiamo perduti. Trova dunque modo, dovunque tu sia, di fare
qualcosa, perché, caro George, ci manchi tanto, ma proprio tanto!
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