martedì 15 luglio 2025

Ogni giorno, l’Occidente...

 

Ogni giorno, l’Occidente…- Nico Orunesu

(Ballata per Gaza)

Ogni giorno mi sveglio e mi alzo dal letto…
a Gaza non ci si sveglia più e si dorme per terra.

Ogni giorno inizia col cinguettare degli uccelli…
a Gaza ogni giorno inizia col cigolare dei carri armati.

Ogni giorno sento nell’aria il ronzare delle api…
a Gaza ogni giorno si sente il ronzare dei droni.

Ogni giorno vedo la città di acciaio e cemento…
a Gaza l’acciaio e il cemento diventano tombe.

Ogni giorno mi siedo a tavola e mangio…
a Gaza non ci sono più tavoli e più nulla da mangiare.

Ogni giorno apro le finestre ai raggi del sole…
a Gaza le finestre sono aperte dai raggi dei missili.

Ogni giorno leggo il giornale e mi collego col mondo…
a Gaza si bombardano i giornali e sono isolati dal mondo.

Ogni giorno esco a camminare e correre in strada…
a Gaza non si hanno più le gambe e non ci sono più le strade.

Ogni giorno vedo tante macchine sfrecciare in città…
a Gaza tanti carretti e asini con la gente che fugge.

Ogni giorno do acqua alle aiuole dei fiori…
a Gaza non c’è più acqua né aiuole e né fiori.

Ogni giorno vado in negozio a fare la spesa…
a Gaza non ci sono più i negozi né soldi da spendere.

Ogni giorno vado dal medico o in ospedale per curarmi…
a Gaza non ci sono più medici medicine e ospedali.

Ogni giorno vedo i bambini giocare nel parco…
a Gaza bambini sono mutilati e i parchi bombardati.

Ogni giorno vedo i bimbi sorridere alla vita…
a Gaza i bimbi piangono i morti la fame e le bombe.

Ogni giorno sento ragazzi parlare gioire e cantare…
a Gaza i ragazzi si sentono piangere urlare e scappare.

Ogni giorno sento l’acqua del mare tonificare  il corpo…
a Gaza l’acqua salata del mare brucia le labbra assetate.

Ogni giorno accarezzo il mio bimbo che sorride alla vita…
a Gaza le madri accarezzano i figli senza più vita.

Ogni giorno mi emoziono davanti a un tramonto…
a Gaza i tramonti sono esplosioni e colonne di fumo.

Ogni giorno si ride e si ironizza la realtà…
a Gaza ogni giorno si piange e si muore in realtà.

Ogni giorno è quasi sempre buono per vivere…
a Gaza ogni giorno è sempre buono per morire.

da qui

 

 

In tempo di guerra i poeti devono fare i poeti - Natalino Piras

S’ America istanotte s’Iran at bumbardatu

aumentanne s’orrore de sa gherra

e Trump su criminale a’ natu

chi como enit sa pake in custa terra.

 

A su criminale orcu americanu

chi si credet su mere de su munnu

possibile chi non b’apat una manu

chi sa conca nche li muzzinet a tunnu.

 

Nachi er difennenne sa libertate

de sos populos dae sos oppressores

inbetze est sa matessi calitate

de calesisiat sanguinariu mortore

 

sa chi dat sustentu a custu malu epulone

vuriosu maccu in interesse de su riccu

de sos capitalistas religione

cussa chi brujat donzi campu ‘e tricu.

 

Amicos caros e cumpantzos sicuros

torrat’ est s’ora chi in idea nos pontzemas

cataunu comente at in sentessu

chi a custos deos chi no ‘an regressu

 

una justa battaglia nois movemas

pro abbatter’ paris de sa gherra sos muros

minores mannos e de donzi etate

armatos solu de bona voluntate.

 

Traduzione di servizio

L’America stanotte l’Iran ha bombardato

aumentando l’orrore della guerra

e Trump il criminale ha detto

che adesso viene la pace in questa terra.

 

Al criminale orco americano

che si crede padrone del mondo

possibile che non ci sia una mano

che di netto gli mozzi il capo a tondo.

 

Dice che sta difendendo la libertà

dei popoli dagli oppressori

invece è della stessa qualità

di qualsivoglia assassino

 

la stessa che dà sostento

a questo laido epulone

pazzo furioso che fa l’interesse del ricco

dei capitalisti religione

quella che brucia tutti i campi di grano.

 

Amici cari e compagni sinceri

è tornata l’ora che ci mettiamo in idea

ciascuno secondo il proprio intento

che a questi dei che non recedono

una giusta battaglia noi dobbiamo muovere

per abbattere insieme i muri della guerra

piccoli grandi e di ogni età

armati solamente di buona volontà.

da qui

 

 

L’umano di fronte all’inumano - Desiré Murtula

È ancora lecito, oggi, suscitare emozioni, con versi sulla guerra?  Contro la guerra.

La domanda giusta è questa: perché, ancora, ci troviamo davanti a guerre dopo  secoli e secoli  passati sulle rive di fiumi di sangue?

Oggi, consumantesi il primo quarto del terzo millennio, c’è sempre la  guerra, estesa come metastasi. Guerre ancora più sanguinose e crudeli, disumane, impietose, sulla pelle delle popolazioni civili.  Guerre ancor più sanguinose di quelle passate.

Dopo il disgusto iniziale, dopo interminabile, inutile attesa, senza che queste  guerre  contemporanee abbiano fine, la forza dei versi, protesta disarmata,  ha avuto la meglio sulla rassegnazione all’impotenza.

Qualcuno ha ripreso in mano le armi della testimonianza poetica.

È il caso di queste due brevi composizioni di Nico Orunesu e Natalino Piras. Voces clamantes. Più che il pianto qui possono il grido, l’urlo, la protesta.

I poeti  sono dentro il tempo storico, dentro la quotidianità degli oppressi, dei senza terra, delle vittime innocenti di uno spietato e crudele genocidio, quale quello che si sta consumando a Gaza, di fronte a noi, nel Mare Mediterraneo.

Quale poesia?

Poesia come cronaca e come sentimento, poesia come voce dolente nel deserto dei deprivati di tutto, poesia di quanti questo niente sono costretti a viverlo sotto le bombe, le cannonate, i missili.

Poesia contro le  atrocità dei potenti del mondo che costringono alla fame, alla miseria, alla deportazione e alla morte. Senza distinzione tra militari e civili. Si distruggono i popoli.

Anche la poesia si schiera: denuncia l’inumano Israele, dà voce agli umanissimi palestinesi, uomini, donne e bambini che mai come adesso è importante e giusto sentire fratelli. Poesia di denuncia contro il burattinaio e ipocrita amerikano che da un lato si propone come paciere e dall’altro fornisce aerei e bombe che si si abbattono senza soluzione di continuità sulle popolazioni inermi e indifese, facendo terra bruciata di tutto.

In poesia, in questa poesia, il risultato è un canto di umana protesta, anche se mai la poesia ha cambiato la sorte dei conflitti e della criminalità dei potenti. Però provoca, continua a provocare la forza liberatoria dell’ indignazione e del  pianto.

E tanta rabbia, tanta richiesta di pace, vera pace,  più forti delle mitraglie, delle bombe e dei bombardamenti: riportare come giusto verso, come versi indispensabili,  la sorte dei bambini, delle donne , degli uomini di Gaza e delle terre vicine.

Tutti noi, con la nostra forza di volontà, con un sentimento non di comodo, apparteniamo a Gaza.

da qui

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