Ogni giorno, l’Occidente…- Nico Orunesu
(Ballata per Gaza)
Ogni giorno mi sveglio e mi alzo dal
letto…
a Gaza non ci si sveglia più e si dorme per terra.
Ogni giorno inizia col cinguettare degli
uccelli…
a Gaza ogni giorno inizia col cigolare dei carri armati.
Ogni giorno sento nell’aria il ronzare
delle api…
a Gaza ogni giorno si sente il ronzare dei droni.
Ogni giorno vedo la città di acciaio e
cemento…
a Gaza l’acciaio e il cemento diventano tombe.
Ogni giorno mi siedo a tavola e mangio…
a Gaza non ci sono più tavoli e più nulla da mangiare.
Ogni giorno apro le finestre ai raggi del
sole…
a Gaza le finestre sono aperte dai raggi dei missili.
Ogni giorno leggo il giornale e mi
collego col mondo…
a Gaza si bombardano i giornali e sono isolati dal mondo.
Ogni giorno esco a camminare e correre in
strada…
a Gaza non si hanno più le gambe e non ci sono più le strade.
Ogni giorno vedo tante macchine
sfrecciare in città…
a Gaza tanti carretti e asini con la gente che fugge.
Ogni giorno do acqua alle aiuole dei fiori…
a Gaza non c’è più acqua né aiuole e né fiori.
Ogni giorno vado in negozio a fare la
spesa…
a Gaza non ci sono più i negozi né soldi da spendere.
Ogni giorno vado dal medico o in ospedale
per curarmi…
a Gaza non ci sono più medici medicine e ospedali.
Ogni giorno vedo i bambini giocare nel
parco…
a Gaza bambini sono mutilati e i parchi bombardati.
Ogni giorno vedo i bimbi sorridere alla
vita…
a Gaza i bimbi piangono i morti la fame e le bombe.
Ogni giorno sento ragazzi parlare gioire
e cantare…
a Gaza i ragazzi si sentono piangere urlare e scappare.
Ogni giorno sento l’acqua del mare
tonificare il corpo…
a Gaza l’acqua salata del mare brucia le labbra assetate.
Ogni giorno accarezzo il mio bimbo che
sorride alla vita…
a Gaza le madri accarezzano i figli senza più vita.
Ogni giorno mi emoziono davanti a un
tramonto…
a Gaza i tramonti sono esplosioni e colonne di fumo.
Ogni giorno si ride e si ironizza la
realtà…
a Gaza ogni giorno si piange e si muore in realtà.
Ogni giorno è quasi sempre buono per vivere…
a Gaza ogni giorno è sempre buono per morire.
In tempo di guerra i poeti devono fare i poeti - Natalino Piras
S’ America istanotte s’Iran at
bumbardatu
aumentanne s’orrore de sa gherra
e Trump su criminale a’ natu
chi como enit sa pake in custa terra.
A su criminale orcu americanu
chi si credet su mere de su munnu
possibile chi non b’apat una manu
chi sa conca nche li muzzinet a tunnu.
Nachi er difennenne sa libertate
de sos populos dae sos oppressores
inbetze est sa matessi calitate
de calesisiat sanguinariu mortore
sa chi dat sustentu a custu malu epulone
vuriosu maccu in interesse de su riccu
de sos capitalistas religione
cussa chi brujat donzi campu ‘e tricu.
Amicos caros e cumpantzos sicuros
torrat’ est s’ora chi in idea nos
pontzemas
cataunu comente at in sentessu
chi a custos deos chi no ‘an regressu
una justa battaglia nois movemas
pro abbatter’ paris de sa gherra sos
muros
minores mannos e de donzi etate
armatos solu de bona voluntate.
Traduzione di servizio
L’America stanotte l’Iran ha bombardato
aumentando l’orrore della guerra
e Trump il criminale ha detto
che adesso viene la pace in questa
terra.
Al criminale orco americano
che si crede padrone del mondo
possibile che non ci sia una mano
che di netto gli mozzi il capo a tondo.
Dice che sta difendendo la libertà
dei popoli dagli oppressori
invece è della stessa qualità
di qualsivoglia assassino
la stessa che dà sostento
a questo laido epulone
pazzo furioso che fa l’interesse del
ricco
dei capitalisti religione
quella che brucia tutti i campi di
grano.
Amici cari e compagni sinceri
è tornata l’ora che ci mettiamo in idea
ciascuno secondo il proprio intento
che a questi dei che non recedono
una giusta battaglia noi dobbiamo
muovere
per abbattere insieme i muri della
guerra
piccoli grandi e di ogni età
armati solamente di buona volontà.
L’umano di fronte all’inumano - Desiré Murtula
È ancora lecito, oggi, suscitare
emozioni, con versi sulla guerra? Contro la guerra.
La domanda giusta è questa: perché,
ancora, ci troviamo davanti a guerre dopo secoli e secoli passati
sulle rive di fiumi di sangue?
Oggi, consumantesi il primo quarto del
terzo millennio, c’è sempre la guerra, estesa come metastasi. Guerre
ancora più sanguinose e crudeli, disumane, impietose, sulla pelle delle
popolazioni civili. Guerre ancor più sanguinose di quelle passate.
Dopo il disgusto iniziale, dopo
interminabile, inutile attesa, senza che queste guerre
contemporanee abbiano fine, la forza dei versi, protesta disarmata, ha
avuto la meglio sulla rassegnazione all’impotenza.
Qualcuno ha ripreso in mano le armi
della testimonianza poetica.
È il caso di queste due brevi
composizioni di Nico Orunesu e Natalino Piras. Voces clamantes. Più che il
pianto qui possono il grido, l’urlo, la protesta.
I poeti sono dentro il tempo
storico, dentro la quotidianità degli oppressi, dei senza terra, delle vittime
innocenti di uno spietato e crudele genocidio, quale quello che si sta
consumando a Gaza, di fronte a noi, nel Mare Mediterraneo.
Quale poesia?
Poesia come cronaca e come sentimento,
poesia come voce dolente nel deserto dei deprivati di tutto, poesia di quanti
questo niente sono costretti a viverlo sotto le bombe, le cannonate, i missili.
Poesia contro le atrocità dei
potenti del mondo che costringono alla fame, alla miseria, alla deportazione e
alla morte. Senza distinzione tra militari e civili. Si distruggono i popoli.
Anche la poesia si schiera: denuncia
l’inumano Israele, dà voce agli umanissimi palestinesi, uomini, donne e bambini
che mai come adesso è importante e giusto sentire fratelli. Poesia di denuncia
contro il burattinaio e ipocrita amerikano che da un lato si propone come
paciere e dall’altro fornisce aerei e bombe che si si abbattono senza soluzione
di continuità sulle popolazioni inermi e indifese, facendo terra bruciata di
tutto.
In poesia, in questa poesia, il
risultato è un canto di umana protesta, anche se mai la poesia ha cambiato la
sorte dei conflitti e della criminalità dei potenti. Però provoca, continua a
provocare la forza liberatoria dell’ indignazione e del pianto.
E tanta rabbia, tanta richiesta di pace,
vera pace, più forti delle mitraglie, delle bombe e dei bombardamenti:
riportare come giusto verso, come versi indispensabili, la sorte dei
bambini, delle donne , degli uomini di Gaza e delle terre vicine.
Tutti noi, con la nostra forza di
volontà, con un sentimento non di comodo, apparteniamo a Gaza.
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