giovedì 31 luglio 2025

Lo sguardo del leone - Maaza Mengiste

prima del gran bel libro che è Il re ombra, Maaza Mengiste aveva scritto un grande e dolente romanzo ambientato ad Addis Abeba.

protagonista è una famiglia (all'interno della Storia dell'Etiopia), quando viene deposto Hailè Selassiè e inizia una dittatura (comunista) sanguinosa e terribile, nessuno sarà al riparo dalla violenza.

il padre, medico in ospedale, viene incarcerato per aver fatto il suo lavoro in maniera integerrima, un figlio entra nella Resistenza e in clandestinità.

il romanzo è avvincente e quando arriva la fine non ti sei annoiato neanche un momento.

cercalo e leggilo, saranno ore ben spese.




 

Una condizione che smaschera la natura umana in tutta la sua criticità e vulnerabilità. E infatti, è una storia senza eroi. Per quanto alcune figure vi si avvicinino, come quella di Dawit, non c’è in realtà nessun assolto. Ogni figura, compresa quella dell’imperatore spodestato, è intrinsecamente vera proprio nel suo essere contraddittoria e sfaccettata. 

Come tutti i grandi romanzi che trattano di un momento storico segnato dalla violenza, Sotto lo sguardo del leone è disturbante perché apre uno scenario sulle conseguenze totalizzanti di un certo tipo di potere e ricorda quanto l’esistenza sia connessa in modo intrinseco alla Storia, talvolta momentaneamente accantonata, che incombe sulla testa di ognuno come una spada di Damocle, pronta a spazzare via tutto.

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…La narrazione di Maaza Mengiste non chiede clemenza a nessuno, neanche alla scrittura. Il suo stile asciutto, distante dalla retorica, attento a non superare la soglia del facilmente impressionabile, pone l'accento sulla storia, solo sulla storia, senza discussioni. Il ruolo della violenza imprescindibile dall'accadimento degli eventi narrati, la tortura inflitta ai corpi increduli, l'abbandono dei cadaveri per le strade, l'escalation delle violenze l'indomani di un attentato, è spaventosamente calibrato e tangibile. E il leone è una costante, lasciando trasparire che lo sguardo del leone è forse lo sguardo di chi tenta di rialzarsi dopo un duro attacco, dopo le scariche elettriche, i pugni, i calci e le infamie, ma nonostante questo non cede.

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Un medico di ospedale, la sua famiglia e i vicini di quartiere nella morsa degli anni tremendi tra il '74 e il '77 che videro la caduta di Hailè Selassiè e l'istallarsi della dittatura di Menghistu, e poi il primo costituirsi della resistenza al “Colonnello”.

Sono questi gli ingredienti di un avvincente romanzo, scritto in un linguaggio crudo e diretto che non risparmia nessuno. Ogni personaggio è frugato in tutte le sue sfaccettature, donando al lettore pagine di emozioni ed ansie come solo  i buoni scrittori sanno dare.

Ma la crudezza di certe scene, relative a pestaggi, torture, massacri individuali e di massa si unisce al poetico uso dei sogni, delle fantasie e dei deliri dei personaggi sotto la pressione di situazioni particolari.

A partire dal simbolo del leone che ritorna costante in molti punti della storia. È il Leone di Giuda della bandiera a cui pensa nella prigionia l'ottantenne imperatore, ormai impotente, a cui si stringe il cuore nel sentire il ruggito del suo leone preferito in gabbia e solo come lui. Travolto da un destino che sente più grande di lui, sente e vede solo gli angeli che lo salveranno da una situazione per lui dolorosamente intollerabile:la fine di una dinastia, discendente dal re Salomone, con più di tremila anni di storia, affossata da militari zotici e incolti, che non ne riconoscono più la sacralità…

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Lo sguardo del leone dell’etiope Maaza Mengiste racconta una storia incastrata ineluttabilmente nella Storia: una vicenda ambientata nella bellissima e sfortunata Addis Abeba, una città – e una nazione – uscita da una occupazione coloniale e che nel 1974 è incendiata dalle proteste che intendono portare alla rimozione del dittatore Hailé Selassié. E come è mille molte accaduto nel continente africano durante la Guerra Fredda, le cronache ricordano il più classico “dalla padella alla brace”: in Etiopia si instaura un regime comunista guidato dal Derg, una sorta di consiglio rivoluzionario che darà una delle migliori prove di tragicità unita a mancanza del senso del ridicolo degli ultimi cent’anni. 

Lo sguardo del leone racconta di Hailu, medico che lavora presso l’ospedale pubblico di Addis Abeba, della moglie Sara (personaggio pazzesco!) e dei loro figli: il primo professore universitario e il secondo studente ribelle affascinato dai rivoluzionari. Nel raccontare la saga della famiglia la Mengiste ci racconta la Storia del suo paese: il secondogenito sconvolto dalla piega che hanno preso i suoi ideali rivoluzionari (e che quindi passa nuovamente all’opposizione), il medico che riceve in ospedale una donna torturata dal regime in quella che sarà la scena cardine e decisiva del romanzo (a cui non accenno minimamente ma che mi ha costretto ad un groppo alla gola che levati).

Oppressi che diventano oppressori, uomini miti che scoprono un coraggio inimmaginabile, un’altra vita che è sempre possibile: Lo sguardo del Leone avvince, commuove, fa riflettere.

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Sotto lo sguardo del leone si apre con un’intollerabile violenza, mostrando il sangue di un giovane ragazzo nel punto dove è stato colpito da un proiettile. Alla violenza viene associata la passione della rivoluzione e la potenza della lotta per i valori di parità e giustizia. È la violenza che accompagna i cambiamenti, considerati da alcuni personaggi inevitabili dato il governo corrotto e autoritario precedente. Ma la violenza penetra nella rivoluzione e continua anche dopo la deposizione dell’imperatore Hailé Selassié, il 12 settembre 1974. La si può percepire nella crudeltà del maggiore Guddu che divide il mondo in buoni e cattivi e considera tutti i membri della famiglia reale come traditori, spingendo Mickey, amico e quasi fratello di Dawit, a compiere il suo dovere: ucciderli tutti senza pietà senza processo. Per chi credeva nella rivoluzione, questo esito è deludente e sconvolgente. Il futuro del Derg comunista inizia come una dittatura più spietata del governo dell’imperatore Hailé Selassié, insinuando il dubbio che non sempre si cambia per migliorare. Tuttavia, il canto di resistenza e coraggio posto al termine del romanzo dona la speranza in una forza di lottare che non si è spezzata.

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