Se ci sono forze politiche i cui militanti esprimono nostalgie fasciste e se ci sono fonti che lo documentano, lo storico ha il dovere di dire che le cose stanno così
Già l’esibizione cinica di qualche mese
fa, cinica in senso etimologico, non morale né filosofico, aveva mostrato la
caratura intellettuale dell’Onorevole Augusta Montaruli. E a voler accedere
alla polemica strapaesana (cit. Alessandro Laterza), chi conosce
l’Onorevole da prima che lo fosse, cioè da quando frequentava giurisprudenza a
Torino e faceva la rappresentante degli studenti, ovviamente all’estrema destra (mi si
perdoni il link), potrebbe aggiungere ai latrati televisivi altri aneddoti
d’analoga caratura. Ma lasciamo lo strapaese a Longanesi e ai nostalgici
dell’epoca sua. E accontentiamoci di dire che la sortita recente dell’Onorevole contro
un manuale di storia per le superiori, purtroppo, consolida la sua reputazione.
Anche se a contare, qui, non sono le parole della povera Montaruli, che
s’arrangia come può: non si bastona il cane che affoga. Conta invece
l’orchestra politica di cui Montaruli ha voluto attribuirsi la prima parte
solista.
Evidentemente impegnata nello stretto scrutinio e nell’esegesi rigorosa
(qualche studioso esterofilo direbbe close reading) d’ogni pagina
d’ogni manuale adottato in ogni istituto scolastico della Nazione, l’Onorevole
Montaruli inizia la lettura dell’opera di Caterina Ciccopiedi, Valentina
Colombi e Carlo Greppi, Trame del tempo (3 volumi, Laterza,
2022-2025). Con lo scrupolo che è di dovere nell’esegesi, ella decide di
confrontare le due edizioni dell’opera: quella con la copertina blu,
apparsa nel 2022, e quella con la copertina rossa, apparsa nel 2025. Quasi al
termine di questo sforzo filologico, e non certo per imbeccata altrui, s’imbatte
in una pagina del terzo volume dell’edizione recenziore, quella rossa: la nota
cromatica non abbisogna di commenti. Come se non bastasse, nel pdf del volume,
la pagina dello scandalo è la n. 666: in un libro comunista poteva mancare lo
zampino di Belzebù?
La rabbia dell’Onorevole è alle cronache. Il Giornale non disdegna di farsene megafono (di
nuovo mi si perdoni il link, inserito a solo scopo probatorio). Dimostrando un
coraggio non comune nello sfidare la dittatura del marxismo culturale che
opprime l’Italia, il quotidiano montanellian-berlusconiano trascrive la
censuranda pagina, perché tutti ne possano leggere e indignarsi; senza tema
d’opporsi al Soviet di Palazzo Chigi, dà il dovuto risalto alle parole,
vibranti di giusta collera, della parlamentare di maggioranza Montaruli; e
soprattutto annuncia l’irreprensibile reazione governativa a venire. Reazione
tanto più inevitabile, se l’autore dell’orrenda pagina apostata dalla religione
meloniana, il reprobo Carlo Greppi, ha avuto l’ardire di rivendicare a
mezzo di rete sociale il giudizio espresso nel libro.
Sulla sortita dell’Onorevole Montaruli ci siamo ripromessi di non
infierire. Ma sull’iniziativa ministeriale che n’è seguita sia lecito farlo.
Anzitutto ci si permetta un consiglio di comunicazione. Onde non alimentare facili
ironie, sarebbe opportuno se ad annunciare l’intendimento del ministero
dell’Istruzione e del Merito di provvedere contro un
manuale che rileva la vicinanza di Fratelli d’Italia all’eredità del fascismo
fosse persona diversa dal Sottosegretario Paola Frassinetti: la
quale si sdilinquisce per il brasillachiano fascismo immenso e rosso,
e ha più di qualche legame con l’ambiente neonazista di Rainaldo Graziani.
In secondo luogo, non ce ne voglia il Signor Ministro, Chiarissimo
Professor Giuseppe Valditara, ma duole doverlo richiamare alla sua etica di
studioso eminente, e metterlo in guardia affinché su di essa non prevalga la
mendace faziosità del politico. Il Signor Ministro, nella sua altra veste
d’accademico integerrimo, prima d’annunciar censura avrà certamente letto per
intero il testo censurando. E vi avrà trovato duri giudizi come questo, sulle
torsioni autoritarie da destra e da sinistra in America latina:
Anche nell’America meridionale e centrale, due macroregioni che dopo la
fine delle dittature militari avevano iniziato un faticoso percorso di
democratizzazione, negli ultimi due decenni si è assistito […] a un’erosione
significativa delle democrazie, con l’avvento al potere anche di militari –
seppur dichiaratamente di sinistra come il populista venezuelano Hugo Chávez
(presidente dal 1999 alla sua morte, nel 2013) – o di leader autoritari come
Jair Bolsonaro in Brasile.
O passaggi inequivoci come quest’altro, sulle purghe staliniane:
Sotto il dominio incontrastato di Stalin, il sogno della rivoluzione si
trasforma in un incubo che si alimenta con il terrore di uno Stato di polizia.
Le vittime della collettivizzazione forzata delle campagne si contano a
milioni, mentre l’industrializzazione generalizzata del paese passa attraverso
campagne propagandistiche che impongono doppi turni di lavoro e sfruttamento
diffuso. Cresce anche l’arcipelago Gulag, i campi di detenzione, rieducazione e
lavoro dove finiscono tutti gli indesiderati. Sul «sole dell’avvenire» –
il simbolo evocativo del pensiero socialista – cala la notte del totalitarismo:
i rivoluzionari di un tempo (Kamenev, Zinov’ev, Radek, Bucharin) sono processati
e condannati a morte; Trockij, in esilio in Messico, è ucciso da un sicario. Il
trionfo di Stalin gronda sangue, ma l’opinione pubblica internazionale non pare
accorgersene.
Il fatto però è che questo giochino, di mettere sulla bilancia le critiche
alle opposte fazioni, piacerà magari ai politici, ma di certo svilisce il
mestiere di storico. Lo storico non è obbligato a compiacere il governo: ci
sono storici che l’hanno fatto e lo fanno, ma ciò è affar loro. La qualità
della loro storiografia sarà giudicata inter pares, come quella di
tutti gli altri. Invece, lo storico ha come tutti gli altri il diritto
d’esprimere giudizi: e ha l’onere d’argomentarli persuasivamente, perché la sua
tesi possa attrarre il consenso di colleghi e discenti. Dice: «Ma Greppi
critica solo l’estrema destra Meloniana»! E cosa dovrebbe fare: dire che i
raduni del Pd sono selve di braccia tese, per par condicio? «Ma
magari sono invece stese di falci e martelli»! A parte che l’evenienza pare
piuttosto improbabile, no, questa non è un’obiezione. Se nell’arco parlamentare
ci sono forze politiche i cui militanti non solo di base esprimono nostalgie
fasciste, se ci sono fonti che lo documentano, e se queste fonti sono trattate
come il metodo storico esige che siano trattate, lo storico ha non il diritto
ma il dovere di dire che le cose stanno così. Se ci sono altre forze che fanno
cose incostituzionali o illegali, dirà anche questo: ma non è che le eventuali
cattive condotte altrui elidono le proprie, e palla al centro. Dice: «va bene,
lo storico può fare le critiche che vuole, se argomenta: ma può farlo in un
libro di scuola»? Sì, può e deve. Per spiegare come mai può e deve, e come mai
questo è il punto fondamentale, non strapaesano, di tutta la vicenda,
concediamo per un momento credito al Ministro Valditara e a tutta la compagine
ministeriale. Non è così, ma ipotizziamo che Valditara abbia letto fin troppo
bene il manuale di Ciccopiedi, Colombi e Greppi: ipotizziamo che lo conosca a
menadito, e che proprio a questo in realtà si debba l’improvvisa levata di
scudi. Ma se fosse così, se davvero conoscesse bene quel manuale, il Ministro
Valditara lo troverebbe censurabile per intero. Altro che una frase su Fratelli
d’Italia: sarebbe l’impianto stesso dell’opera a riuscire indigesto al Signor
Ministro e alla sua dichiarata ideologia della storia. Perché tutto il manuale,
dalla prima pagina del primo volume all’ultima del terzo, si sforza di
presentare la storia per quello che è veramente: vale a dire una disciplina non
ordinata a indottrinare ma a porre problemi, che per fine non ha la propaganda
della nazione ma l’interpretazione dei fatti come le fonti li
documentano.
Ligio a questa consegna di probità scientifica, Trame del tempo,
al pari di ogni buon manuale di storia, prova a condurre gli studenti nel
laboratorio della storiografia: confidando nella mediazione consapevole del
docente, presentando fonti e interpretazioni di fonti; educando cioè al
dibattito metodologicamente controllato attorno ai dati di realtà e alla loro
rappresentazione; contribuendo quindi, per quanto di sua ragione, alla
formazione della cittadina e del cittadino d’uno Stato democratico. Piaccia o
meno al bureau dell’istruzione sovranista, la storia è quella che insegnano i
manuali come Trame del tempo, non quella che vorrebbero
imporre le Indicazioni ministeriali. E quale che sia la filosofia
della storia professata dal Ministro Valditara e dalle sue commissioni
d’esperti, prospettare la censura d’un libro non allineato all’ortodossia
governativa aiuta poco a stornare dalle forze di governo il sospetto che quanto
detto nel censurando manuale sia vero.
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