I professori universitari in materie giuridiche
chiedono un ripensamento sull'estrazione a sorte delle commissioni per
l'abilitazione. La stessa con cui Nordio vorrebbe selezionare il Csm
Il governo
Meloni, alias l’apoteosi del sorteggio. Per tutti gli altri
ovviamente, giudici e professori universitari,
basta che non sia per i protagonisti della politica. Ne fa fede il sorteggio
secco imposto dal Guardasigilli Carlo Nordio per le toghe al
Csm, mentre per i laici ne ha previsto uno temperato che già
consente le spartizioni in Parlamento. Con una coincidenza, la conferma di
quello, altrettanto secco, che la ministra dell’Università Anna Maria
Bernini, col suo disegno di legge che porta il numero 1518, ha previsto un
mese fa per formare le commissioni di concorso dei professori
universitari. C’era già dal 2010 con la legge Gelmini, e lei l’ha
lasciato tal quale, nonostante i mugugni e la cattiva performance fornita.
Giusto mentre al Senato, dopo una settimana in cui tutta l’opposizione si è
sgolata contro il sorteggio secco per il Csm, siamo ormai arrivati questa
settimana al voto dell’articolo 3, quello del sorteggio. Numeri alla mano, la
maggioranza asfalterà di nuovo l’opposizione. Con l’obiettivo di chiudere la
partita della separazione delle carriere la prossima
settimana.
Ma proprio
la coincidenza malandrina della legge sull’università è destinata a riversare
in aula i malumori dei professori di diritto. Con cui inevitabilmente la
maggioranza dovrà fare i conti. Accade che la Casag, la Conferenza
delle associazioni scientifiche di area giuridica, e cioè gli stessi
professori, alla luce di ben tre lustri di esperienza e di risultati negativi
per l’abilitazione scientifica nazionale, in un suo duro e articolato
documento, contesti proprio il sorteggio secco per i pessimi
risultati che ha dato e ne chieda almeno uno temperato. E cioè proprio quello
di cui potranno godere nel futuro deputati e senatori –
referendum positivo permettendo – alla prese con le elezioni dei componenti
laici del Csm. I giuristi, per liberarsi a loro volta del sorteggio secco,
vogliono votare una lista di colleghi riconosciuti dalle
rispettive comunità scientifiche, sulla quale poi effettuare il sorteggio.
Propongono così di modificare il ddl Bernini escludendo dalla lista dei
sorteggiabili i nomi di chi non garantisce un’effettiva capacità e
soprattutto affidabilità sia “morale” che scientifica. Tutto
ciò alla luce dell’esperienza di ormai tre lustri nei quali le commissioni con
componenti sorteggiati hanno comunque largheggiato nelle abilitazioni, previste
con sportelli ogni quattro mesi e senza un numero limitato di posti.
Insomma,
adesso i giuristi dicono alla loro collega Bernini proprio questo per se
stessi, e non certo per schierarsi con le toghe. Ma la coincidenza
dovrebbe far riflettere il Senato perché i professori di
diritto vogliono poter tornare a eleggere i
commissari dei propri concorsi esattamente come accadeva prima della riforma
Gelmini del 2010. La casualità del sorteggio non ha di certo posto fine ai
magheggi. Perché, guarda caso, gli allievi dei commissari
sorteggiati spesso sono stati tra i primi a ottenere
l’abilitazione. Basta che tutti i commissari inseriti nella rosa dei
sorteggiabili siano bendisposti verso un candidato per far sì che questo possa
alla fine vincere il concorso. Tanto più che continua a essere prorogata da
anni, e non abolita dalla riforma Bernini, una norma della legge Gelmini che
consente alle università di bandire concorsi riservati ai professori
interni che hanno l’abilitazione. È il “famigerato” articolo 24, che i
professori ben conoscono. Spesso si fanno nelle università concorsi con un
solo candidato o con una manciata, escludendo gli esterni: sorteggio o
non sorteggio… non può che vincere il candidato interno, bravo o meno che sia,
alla faccia della concorrenza e del valore del merito.
Dunque il
sorteggio, già nel mondo universitario, non si è dimostrato affatto
quella panacea di tutti i mali del baronismo, come dovrebbe
esserlo, secondo il Guardasigilli Carlo Nordio e il governo
Meloni, per i magistrati e il Csm, rispetto al correntismo. E sono
proprio i processi per le varie Concorsopoli che si sono svolti in questi anni
e che hanno interessato varie università, da Catania a Firenze a Genova a
Milano, a dimostrare che il sorteggio non funziona e non
garantisce che si taglino le gambe ai possibili abusi. E a proposito di abusi:
Nordio ha abolito l’abuso d’ufficio, giusto il reato contestato in molti
processi per le Concorsopoli universitarie, comprese quelle di Firenze e
di Catania finite davanti alla Consulta che però ha escluso l’incostituzionalità, in quanto non poteva far rivivere
il reato sostituendosi al Parlamento. Quei processi stanno andando in fumo e i professori che pilotavano i concorsi stanno
brindando.
Ormai non esiste più una norma che punisca chi trucca i concorsi universitari e i concorsi pubblici in genere: basta fare favoritismi senza prendere tangenti e senza essere così incauti da fare verbali falsi, come hanno fatto alcuni professori di giurisprudenza nella Concorsopoli di Genova, il cui processo è tra i pochi a proseguire, assieme a un altro, in appello, a Milano. Grazie a Nordio si possono manipolare i concorsi pubblici senza essere puniti. È grottesca la norma del ddl Bernini per cui i professori condannati per delitti contro la pubblica amministrazione non potranno essere sorteggiati quali commissari di concorso. Ora che si può abusare impunemente di poteri e funzioni pubbliche, come quella di commissario di concorso, siamo al liberi tutti. Oggi vale per i professori sorteggiati nelle commissioni, e varrà domani anche per i membri togati del Csm. Chissà cosa ne pensa Giuseppe Valditara, collega di Nordio e Bernini, che guida un ministero intitolato al Merito…
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