venerdì 18 luglio 2025

Trump o l’incarnazione dell’incertezza - Raúl Zibechi

 

“Il comportamento di Trump è una messa in scena dell’incertezza”, ha detto lo storico Emmanuel Todd nella sua conferenza all’Accademia delle scienze russa, il 23 aprile a Mosca. Il titolo della sua conferenza era “Antropologia e realismo strategico nelle relazioni internazionali” e affronta questioni già menzionate nel suo libro La sconfitta dell’Occidente, analizzandone altre, come l’amministrazione di Donald Trump, che non sono apparse nel suo lavoro.

Vorrei delineare alcune idee che potrebbero essere di interesse per i movimenti anticapitalisti, focalizzati sulle conseguenze dell’inevitabile caduta dell’impero. Per illustrare la profondità di quella caduta, Todd sostiene che non ci troviamo semplicemente di fronte al fallimento economico e militare degli Stati Uniti, ma a qualcosa di più grande che definisce come “una dislocazione delle credenze che hanno organizzato la vita sociale occidentale per diversi decenni”. Non ha dubbi che siamo all’inizio di una caduta degli Stati Uniti, ma indica che “dobbiamo essere preparati a vedere cose molto più drammatiche”.

Per evitare di ripetere argomenti già trattati nel suo ultimo libro, mi concentrerò su quella che Todd chiama “la rivoluzione Trump”. Come ogni rivoluzione, contiene una violenza straordinaria che si manifesta, internamente, in “una lotta contro le università, contro la teoria del genere, contro la cultura scientifica, contro la politica di inclusione dei neri nelle classi medie statunitensi, contro il libero commercio e contro l’immigrazione”.

Secondo Todd, tutto questo sembra legato a una precedente sconfitta di cui la squadra di Trump sarebbe pienamente consapevole. Da un lato, si tratta di una evidente sconfitta economica degli Stati Uniti che diventa visibile, tra molte altre, nella limitata capacità del complesso militare-industriale statunitense per essere all’altezza delle sfide attuali e il notevole superamento della capacità aerea della Cina evidenziato nei combattimenti tra India e Pakistan, questioni che Todd non affronta.

Ma il tema centrale non è affatto l’economia, bensì il crollo del “sistema di credenze” che animava la superiorità produttiva e industriale occidentale. Ecco perché la decadenza degli Stati Uniti (e dell’Occidente) può essere così terribile per i popoli, perché l’ansia che comporta sta conducendo a quello che egli chiama “nichilismo”, un impulso che “può portare al desiderio di distruggere cose, persone e, in ultima analisi, la realtà”. L’atteggiamento di Israele a Gaza è perfettamente in linea con questa valutazione.

Ma forse, ancora peggio, Todd ritiene che l’esperimento Trump fallirà a causa di “una mancanza di riflessione, una mancanza di preparazione, brutalità, comportamenti impulsivi e sconsiderati”. Per questo motivo menziona concetti come “dislocazione” e “atomizzazione” all’interno della società americana, atteggiamenti che si ripercuotono e accelerano il declino. Un ultimo punto sul suo discorso che ci riguarda direttamente: siamo solo all’inizio del declino degli Usa, che “ci rivelerà cose che non possiamo nemmeno immaginare”. Questo è il nocciolo della questione, la questione centrale che dobbiamo affrontare con calma e serenità.

Senza dubbio si riferisce alla violenza genocida dell’impero e del capitale, quella che gli zapatisti chiamano “quarta guerra mondiale” contro i popoli. In primo luogo, credo che questo tipo di analisi siano più adatte rispetto all’uso di aggettivi come “fascista” per rendere conto della complessità del momento attuale. Quando le sinistre usano e abusano di questo concetto, stanno mostrando la loro pigrizia intellettuale, ma d’altra parte vogliono sconfiggere questo “fascismo” anche a prezzo del ritorno dei progressisti al potere. In secondo luogo, questo tipo di analisi ci ricorda la necessità di affermarci nel lungo termine, senza però smettere di resistere al capitalismo e ai poteri forti.

Ciò che stiamo già vivendo e ciò che sta arrivando è così potente, così distruttivo per le persone, che non saremo in grado di fermarlo anche se continuiamo a resistere. Quando l’EZLN dice che resistiamo e lottiamo affinché la bambina che nascerà tra 120 anni abbia la libertà di scegliere, sta mettendo le cose nei loro termini. Il crollo è così distruttivo che il giorno dopo la ricostruzione sarà molto lungo. Infine, la crisi del capitalismo e dell’Occidente ha spazzato via il pensiero critico così come lo conosciamo oggi, un pensiero che langue alla ricerca di scorciatoie, che si ingrazia i padroni dei media, che ama le soluzioni a breve termine e quelle gestite dallo Stato.

Come dice Todd, ciò che sta crollando è una cultura, un sistema di credenze che ci portiamo dietro da almeno due secoli. Poiché la sinistra non riesce a riconoscere di essere parte della crisi sistemica, perché ha perso la capacità di autocritica, è inevitabile che crollerà insieme al sistema. Certamente, le sfide che dobbiamo affrontare sono enormi. Ma le possibilità sono grandi quanto i nostri sogni.


Pubblicato su La Jornada e qui con l’autorizzazione dell’autore (traduzione di Comune). 

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