Neolaureati, esperti di nulla o di altro. Ma fedelissimi. È la schiera dei consulenti pescati nel privato che lavora a Palazzo Chigi e dintorni. Grazie a un articolo di legge che ha sempre accontentato tutti. A patto di non eccedere in trasparenza
Un articolo 19 comma 6 non si nega a nessuno. Non si nega
a chi conosce i segreti della Lega in Russia, a chi liscia il pelo
all’ideologia di destra, al figlio del medico dello statista. Non si nega alla
primogenita del deputato, che tanto s’è speso per il buon esito della campagna
elettorale di Giorgia Meloni.
Del resto apparecchiare un posto in più alla tavola dell’amministrazione
pubblica non costa nulla. Mica paga il ministro di tasca propria. Il conto
finisce a Pantalone, che paga bene e paga sempre. E continuerà a pagare
quando il disegno di legge della Pa – che il ministro Paolo Zangrillo
ha in gestazione – entrerà in vigore, consentendo ai professionisti di
accedere alla dirigenza di ministeri e amministrazioni per soli meriti
professionali, senza passare dal concorso. Perché il concorso pubblico, per chi
ha un ottimo bagaglio culturale e un’istruzione di buon livello, è un ostacolo
superabile. Per gli altri c’è la via preferenziale, l’amichettismo.
Ma cos’è un 19 comma 6? È un articolo contenuto nel testo unico
sul pubblico impiego (il decreto legislativo 165/2001) in base al quale, se in
tutta l’amministrazione pubblica nessuno ha le competenze adeguate per svolgere
un determinato compito, allora è possibile conferire un incarico in deroga, per
un massimo di tre anni, a un soggetto esterno alla pubblica amministrazione, a
patto che costui sia altamente qualificato e con una specifica esperienza. «In
teoria si tratta di un ottimo istituto, perché consente di pescare dal privato
le competenze che mancano nel pubblico», commenta il presidente di
sezione della Corte dei Conti, nonché docente della Scuola nazionale
dell’amministrazione, il magistrato Vito Tenore, autore del Manuale del
Pubblico Impiego Privatizzato, che aggiunge: «Peccato che, al netto di alcune
nomine realmente meritevoli, siano davvero troppe le sentenze della Corte dei
Conti che certificano il danno erariale causato dalle nomine di personaggi con
curricula modesti, messi a dirigere uffici non altamente specialistici. Accade
nei ministeri, negli istituti connessi e anche negli enti locali in base
all’art 110, d.lgs 267/2000». Ad esempio, nel 2017 la Corte dei Conti ha
stimato in un milione di euro il danno alle casse pubbliche provocato dalla
nomina in deroga della leghista Silvia Bellinzona all’Arpa Lombardia. Oggi l’ex
dirigente, dopo aver fatto un passo indietro da Arpa Lombardia, ha trovato
un’occupazione alla TcR Tecora, che produce impianti per la qualità dell’aria
ed è quindi fornitore di Arpa.
Il bengodi dell’amichettismo sta a Palazzo Chigi, dove gli imbucati di
Stato fioccano. Qui ha trovato un posto di lavoro, da quasi 200 mila euro
l’anno, Elena Guerri Dall’Oro, dal 2023 a capo della struttura di
missione degli anniversari nazionali e degli eventi internazionali. Già,
Chigi possiede una siffatta istituzione come racconta Sergio Rizzo a pagina 18,
e al vertice ci ha piazzato Guerri dall’Oro, con in tasca una Laurea Magistrale
in Lettere – difficile pensare che in tutta la pubblica amministrazione nessun
dirigente ne abbia una simile – e nell’altra tasca l’appoggio di Isabella
Rauti, dopo che nel 2018 Guerri ha esposto in una mostra fotografica un’immagine
dell’attuale sottosegretaria di Stato alla Difesa, con il padre fascista
rivoluzionario Pino Rauti.
Nessuno all’opposizione avrà alcunché da ridire, dal momento che tutti i
partiti passati dal governo hanno piazzato le proprie pedine nei ministeri: il
personale a termine favorisce una dirigenza piegata e poco indipendente dal
potere politico che lì l’ha piazzata. Anche se per alcuni la scadenza sembra
non arrivare mai. Mister curriculum fantasma è Michele Sciscioli,
imbucato a Palazzo Chigi dal 2018. Classe 1980, laurea in Scienze
Politiche, viene da Sogei, società che, a costi stellari, cerca inutilmente di
smaltire le scorie nucleari. Ai tempi, Sciscioli viene mandato a Mosca a
gestire la divisione russa di Sogei, tanto cara a Silvio Berlusconi. È lì che Sciscioli
coltiva amicizie leghiste. Tanto che, una volta tornato in Italia, diventa
il protetto di Giancarlo Giorgetti: prima lo imbuca a Chigi – sempre senza
concorso – a gestire il dipartimento dello Sport, e poi – sempre alla
presidenza del Consiglio – lo promuove a capo dipartimento per le Politiche
Giovanili. Ora Giorgetti ha per lui un altro ruolo di rilievo: da pochi giorni
è stato nominato – proprio dal Mef – amministratore delegato dell’Istituto
Poligrafico e Zecca dello Stato. Esperienza? Zero. Ma non fa niente, perché gli
imbucati sono così tanti che nascondersi nel mucchio è facilissimo. Stando ai
dati pubblicati alla pagina Amministrazione Trasparente del sito web Palazzo
Chigi i dirigenti esterni alla Pa sono il 30 per cento fra quelli di seconda
fascia (67 su 229) e il 15,3 per cento fra quelli di prima fascia (16 su 104).
Qualcuno è lì perché ha uno sponsor importante, come Cecilia
Rosica, a capo della trasformazione digitale del Paese, anche se è laureata in
Economia, già consulente della Regione Lazio ai tempi di Renata Polverini e
vicina a Isabella Rauti. Decine sono i raccomandati da Renato
Brunetta. Mentre sarebbe sostenuta dalla Lega l’avvocata vicentina
Claudia Sartori, catapultata alla guida dell’Ufficio per gli affari
internazionali, con il compito di gestire il dipartimento per
l’informazione e l’editoria. Esperienza dichiarata? Zero. Eppure sono
state tutte nomine in piena regola, «visto, ritenuto, sentito, considerato»,
poi cos’abbia visto il sottosegretario di Stato, Alfredo Mantovano che ci ha
messo la firma, è un mistero. Mistero al quadrato per Giovanna Ciccioli
e Veronica Messinetti. La prima è figlia di Carlo Ciccioli, testa e cuore
di FdI nelle Marche, neofascista negli anni di piombo, missino, migrato in An,
poi in FdI, volato a Bruxelles come europarlamentare: ha piazzato la figlia a
Palazzo Chigi a coordinare i servizi del Pnrr. Esperienza? Una laurea in
Giurisprudenza. Non esattamente una risorsa scarsa negli uffici pubblici. Di
Veronica Messinetti, campionessa di rinnovi, voci autorevoli di Palazzo Chigi
dicono che il padre fosse il medico di fiducia di un noto statista. Qualche
santo in paradiso deve pur averlo se, con la sola laurea in Legge, è riuscita a
restare a Palazzo Chigi dal 2016 a oggi: quattro rinnovi di fila. Lei, outsider
della Pa, si occupa di controllo interno, trasparenza e integrità: pare un
ossimoro, e invece è proprio vero. E che dire del lobbista Giuseppe
Cavuoti? Ha passato gran parte della sua vita a sponsorizzare aziende,
mentre oggi è capo dipartimento per le Politiche del mare.
Potremmo andare avanti per ore raccontandovi dell’amichettismo di Palazzo
Chigi, ma sarebbe un peccato trascurare gli altri ministeri, che fanno anche
peggio. L’elenco dei dirigenti esterni in carico a ciascuna amministrazione
deve essere accessibile, in forma comprensibile, dalle pagine trasparenza di
ciascun ministero. La pensano diversamente al dicastero dei Trasporti:
contattati da L’Espresso, rispondono che per avere accesso a questa
informazione è necessario un Foia, ovvero un accesso civico agli
atti. Mentre al ministero del Made in Italy guidato da Adolfo Urso i dati sono
ben nascosti. Trovarli è come cercare un ago in un pagliaio. Il dirigente da
noi contattato ci saluta cordialmente «certo di come Ella sia in possesso delle
competenze necessarie a consentire la ricostruzione del quesito avanzato
(accedendo alle informazioni minime imposte per Legge e considerate
“trasparenti” per la generalità dei cittadini) attraverso la piana lettura
degli atti di nomina d’interesse». Pare che nei ministeri non sia circolato il
messaggio che l’informazione non deve essere chiara ai giornalisti, ma ai
cittadini che hanno il diritto di sapere a chi pagano lo stipendio con le
proprie tasse.
Più disponibili in casa di Francesco Lollobrigida, dove ci
spiegano che lo sforamento al tetto massimo degli art.19 comma 6 viene sancito
da una legge ad hoc del 2023. Cioè, visto che gli imbucati sono più dei posti
disponibili per legge (8 per cento per i dirigenti di seconda fascia, 10 per
quelli di prima fascia) è stata fatta una deroga alla deroga.
Così si è potuto far posto a Massimiliano Rossi, caro amico di
scuola del ministro e a ora al vertice della Pesca marittima. E a Barbara
Catizzone, lungamente portavoce del ministro, oggi alla guida della direzione
Ippica. «Che ne sa Catizzone di cavalli?», si domandano i vecchi dirigenti del
ministero dell’Agricoltura, scartati per quel posto. Risposta: nulla. Lei è
un’esperta di comunicazione. Fanno parte della “Lollo zone” anche Luna
Kappler, entrata nelle grazie del ministro, e Antonello Ricci,
dirigente dell’Ufficio Sovranità Alimentare. Esperienza? Assessore ai lavori
pubblici di Subiaco, il paese del ministro. Un premio per la perseveranza va
a Mauro Quadri: esterno alla Pa, sta al ministero dal 2005 un
rinnovo dopo l’altro, oggi confermato fino al 2028 a capo della direzione
Ortofrutta.
Arriviamo infine al ministero del Lavoro, quello della ministra Marina
Elvira Calderone. Così come non è possibile avere certezza della laurea
della ministra, presa alla Link University con esami sostenuti di domenica, non
è neppure possibile conoscere quali e quanti dirigenti siano assunti in deroga
al concorso pubblico. Il ministero, comunque, non ha grossi problemi a trovare
una poltrona sicura per i suoi fedelissimi. Basta moltiplicare le posizioni di
vertice negli istituti afferenti al ministero: Inps, Inail, Inl. Prendiamo
quest’ultimo: a fine 2024 i dirigenti di ruolo erano 66, di cui 9 articolo 19
comma 6: il 13,6 per cento, oltre i limiti di legge. Ad esempio, Luigi
Buonomo, è uno di questi. È al quarto rinnovo e, nonostante in tasca abbia
una laurea in Economia, deve aver sviluppato doti trasversali in più campi
(anche se dal curriculum non è possibile accertarlo), visto che in vent’anni di
lavoro all’Inl è passato da fare l’ispettore del lavoro a dirigere la
pianificazione strategica, alla centrale identità professionale, fino a
diventare il capo dell’Innovazione tecnologica. Ah, il multitasking, che gran
bella cosa.
Preciso che:
Gli incarichi ex art. 19, comma 6, assegnati all’Inl, Istituto
Nazionale del Lavoro, possono essere conferiti nella misura del 10% del
personale dirigenziale in dotazione organica. La dotazione organica
dirigenziale dell’Ispettorato è pari a n. 86 unità di personale e,
con il D.L. n. 25/2025 (conv. da L. n. 69/2025), è peraltro salita a 94 unità.
Allo stato attuale INL ha n. 8 incarichi ai sensi dell’articolo 19, comma 6,
pienamente coerenti con il calcolo della percentuale di cui sopra oltre che
coerenti con le attuali scoperture di personale dirigenziale. Con specifico
riferimento al dott. Luigi Buonomo, posto che il riferimento alle competenze
professionali dello stesso è del tutto apodittico e pretestuoso si evidenzia
che Buonomo non è mai stato “capo” della Direzione identità professionale e
della Direzione innovazione tecnologica.
Salvatore Contino, Responsabile Comunicazione INL
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