L’esaurimento delle
materie prime, i disastri naturali causati dai cambiamenti climatici, il crollo
del sistema finanziario, la disintegrazione dello stato sociale, la
disoccupazione diffusa e massiccia. La fase terminale del capitalismo ha
imboccato a grande velocità la via del collasso? Carlos Taibo, scrittore
anarchico e docente di Scienze politiche a Madrid, molto noto per i suoi libri
sulla storia dei movimenti anticapitalisti, l’autogestione, la democrazia
diretta e la decrescita, ha scritto molto sul concetto di “collasso”, una realtà
irreversibile in virtù della quale le istituzioni sociali si frantumano,
assieme con i loro meccanismi di controllo e dominazione. In questa breve
intervista, rilasciata in occasione della recente uscita dell’edizione
portoghese del suo “Colapso” (qui potete scaricare l’edizione
argentina), Taibo precisa che siamo molto vicini ma non siamo ancora entrati in
quella fase irreversibile e spiega cosa possiamo fare per difenderci, a
cominciare dall’estensione delle esperienze di autogestione a tutti gli ambiti
della vita
Carlos Taibo insegna Scienze politiche all’Università Autonoma di Madrid ed
è autore di una lunga lista di libri di storia, movimenti sociali, anarchismo e
decrescita economica. Recentemente ha pubblicato anche in Portogallo Collasso,
una lucida analisi delle possibili conseguenze dell’esaurimento dei
combustibili fossili e dei percorsi che la società attuale potrebbe seguire. La
traduzione in portoghese di questa opera vede ora la luce grazie a una
collaborazione tra il Jornal MAPA e l’editrice Letra Livre.
Il momento che stiamo
attraversando é caratterizzato da cambiamenti climatici, trasformazioni
profonde nel sistema energetico, fallimento degli ecosistemi e una crisi
sociale che si sta installando in forma permanente. É questo il Collasso?
Tutti questi elementi configurano il momento che prelude al collasso, ma
con questo non intendo dire che essi siano esattamente il collasso vero e
proprio. Il concetto di collasso rappresenta una realtà irreversibile in virtù
della quale le istituzioni sociali si frantumano, assieme con i loro meccanismi
di controllo e dominazione, e dove si riduce a livelli impensabili la soddisfazione
di necessità che si descrivono, erroneamente, come di base. Nel fondo si
evidenzia che quando le società divengono più complesse hanno bisogno di
quantità crescenti di energia per risolvere molti dei loro problemi, in un
momento in cui c’é una carenza massiva di energia. Detto in un altro
modo, nella realtà attuale ancora
non si sono rese visibili tutte le conseguenze drammatiche dei cambiamenti
climatici e dell’esaurimento delle materie prime, mentre le strutture
tradizionali di potere perdurano. Se vogliamo, il momento presente può
continuare ad essere descritto come un momento di crisi. Quando parliamo di
crisi diamo per scontato che sia possibile tornare allo scenario anteriore,
cosa che sembra impensabile, tuttavia, in caso di collasso.
Le recenti proteste
dei Gilet Gialli in Francia sono cominciate come una protesta contro l’aumento
del prezzo dei carburanti, ma si sono evolute rapidamente per mettere in scacco
tutto il sistema. Queste proteste fanno parte di questo collasso?
Non ne sono molto sicuro. Bisognerà attendere per vedere la deriva futura
di un movimento come questo e di altri movimenti simili. É vero, in ogni caso,
che un’interpretazione legittima
suggerisce che all’origine di un movimento come quello dei Gilet Gialli ci sia
la logica tradizionale della crisi, che conosciamo già da tempo. Era
significativa la rivendicazione principale che parlava di riduzione del prezzo
del carburante, una rivendicazione che si scontrava con il pensiero di molti di
coloro che pensano che il sistema avanzi forzosamente verso una crisi terminale
che vede nell’esaurimento delle materie prime energetiche il suo maggiore
fondamento. Ma é vero, come evoca la domanda, che una buona parte del movimento
dei Gilet Gialli si posiziona al di là di queste rivendicazioni parziali ed
equivoche, a vantaggio di una contestazione generale del sistema. In ogni caso,
abbiamo avuto nel caso spagnolo, pochi anni fa, un esempio, quello del 15M, che
ci obbliga ad essere prudenti nel momento di valutare la dimensione
contestatario-rivoluzionaria di iniziative di questa natura.
Ciononostante, faremmo male a
disprezzare le caratteristiche di movimenti di democrazia di base, assembleari
e orizzontali, impegnati in un chiaro rifiuto delle leadership, come quello dei
Gilet Gialli.
Quali dovrebbero
essere le azioni e le idee più importanti per navigare nei tempi che corrono?
Credo che si dovrà cercare
un’approssimazione delle persone e organizzazioni che soddisfino due
condizioni. La prima é la scommessa nell’autogestione in tutti gli ambiti della
vita. La seconda é la
coscienza delle sfide che derivano dal collasso del sistema, sfide che ci
obbligano a mettere sul piatto verbi come decrescere, disurbanizzare,
de-tecnologizzare, de-patriarcalizzare, de-colonizzare e de-complessificare le
nostre vite. Credo che buona parte del nostro pensiero e della
nostra azione debba sorgere dalla ferma convinzione che le persone comuni sono
molto più coscienti del significato di queste parole di quello che una prima
lettura farebbe concludere. Se non partiamo da questa convinzione, non faremo
altro che riprodurre vecchi schemi avanguardisti che, con il tempo, hanno
dimostrato di avere un impatto molto limitato.
(Fonte: Jornal Mapa - Traduzione per Comune-info: Michela
Giovannini)
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