La
settimana scorsa abbiamo annunciato la partecipazione di Wu Ming 4 al Salone
Internazionale del Libro di Torino, il 12 maggio, per presentare l’antologia di
suoi scritti su J.R.R. Tolkien Il
Fabbro di Oxford, in uscita per la casa editrice Eterea.
Oggi annunciamo che la
presentazione è annullata.
Ormai è noto: al Salone avrà
uno stand Altaforte, di fatto la casa editrice di Casapound. Nei giorni scorsi
questa notizia ha suscitato molte critiche ed esortazioni a tenere fuori dalla
kermesse una presenza platealmente neofascista. E come ha risposto il Comitato
d’indirizzo del Salone?
Con un comunicato che in sostanza dice: Casapound
non è fuorilegge, dunque può stare al Salone, basta che paghi.
Come spesso accade, ci si
nasconde dietro il «legale» per non assumersi una responsabilità politica e
morale. Per rigettare il fascismo non serve un timbro della questura.
Da chi è formato il Comitato
d’indirizzo? Citiamo dal sito ufficiale della fiera/manifestazione:
«Il Comitato d’Indirizzo,
presieduto da Maurizia Rebola, direttore della Fondazione
Circolo dei lettori, è il luogo del coordinamento delle attività organizzative.
Vi prendono parte Nicola Lagioia, direttore editoriale del Salone
Internazionale del Libro di Torino, Silvio Viale, presidente
dell’Associazione Torino, la Città del Libro, i rappresentanti della Regione Piemonte e
della Città di Torino, e uno per ciascuna associazione
di categoria: ADEI, Associazione degli Editori Indipendenti; AIB,
Associazione Italiana Biblioteche; AIE, Associazione Italiana
Editori; ALI, Associazione Librai Italiani; SIL,
Sindacato Italiano Librai.»
Il giorno prima, Lagioia – che
in quanto direttore editoriale si occupa del programma e non della parte
commerciale della kermesse – aveva emesso un suo comunicato, dove, anche a nome del comitato
editoriale, diceva cose giuste, purtroppo indebolite dalla chiusura in
anticlimax:
«Il Salone del Libro prevede
ai suoi vertici una pluralità di soggetti, e dunque […] qualunque decisione
verrà presa sia io che il comitato editoriale la faremo nostra.»
Ebbene, la decisione è stata
presa: quella di scrivere, a futura memoria, una nuova pagina nera – o bruna –
nella storia di come fu normalizzato il neofascismo.
⁂
A Torino si è compiuto un
passo ulteriore nell’accettazione delle nuove camicie nere sulla scena
politico-culturale italiana.
Accettazione che da anni
premia soprattutto i fascisti di Casapound, sempre intenti a rappresentarsi
come «carini e coccolosi», immagine che stride con la
frequente apparizione di loro militanti in cronaca nera e anche giudiziaria –
si veda, ad esempio, il recentissimo episodio di Viterbo.
Accettazione che vanta ben più
di uno sponsor, a partire dall’attuale ministro degli interni, del quale
Altaforte pubblica l’intervista-biografia, in bella mostra sul sito della casa
editrice accanto a quaderni di «mistica fascista» e biografie apologetiche di
squadristi, gerarchi del ventennio, boia repubblichini e collaborazionisti
vari.
⁂
In difesa del proprio lavoro,
Lagioia e il comitato editoriale hanno ribadito che il programma del Salone va
nella direzione opposta, con eventi chiaramente improntati all’antifascismo e
all’antirazzismo. È vero: è un programma di grande qualità, costantemente
migliorato negli anni grazie alla nuova gestione. Ma questo non risolve il
problema.
Va sempre ricordato che, coi
loro atti, i fascisti non parlano a noi, ma al loro mondo, e quel che diranno sarà:
«Visto? Loro fanno le loro chiacchiere buoniste e antifasciste, ma intanto noi
siamo qui, col nostro business e i nostri segni identitari, e nessuno ci ha
fermati. Nemmeno con la storia di Viterbo ancora calda ci hanno fermati. Mentre
gli altri parlano, noi andiamo avanti. Metro dopo metro.»
Noi riteniamo che i fascisti
vadano fermati e, metro dopo metro, ricacciati indietro.
Noi riteniamo necessario dare
segnali sempre più chiari e forti, come è stato fatto venerdì scorso nella
piazza di Forlì.
Noi non abbiamo intenzione di
condividere alcuno spazio o cornice coi fascisti. Maiaccanto ai fascisti.
Per questo non andremo al
Salone del Libro.
⁂
Post Scriptum. Nel
contesto di queste polemiche, il collega scrittore Christian Raimo è
stato oggetto di pesanti attacchi da parte di fascisti e reazionari assortiti,
fino a dimettersi da consulente del Salone. Per la campagna d’odio che sta
subendo, gli esprimiamo la nostra solidarietà.
Christian Raimo:
Oggi ho scritto questo comunicato scarno per tutelare il
Salone del libro.
Sono triste ma è il tempo a essere triste. Ho contribuito in maniera generosa insieme a una serie di consulenti e a un direttore fantastici a far sì che il programma del Salone di Torino di quest'anno sia pieno di cose belle, politicamente e esteticamente radicali. E così sarà.
Sono triste ma è il tempo a essere triste. Ho contribuito in maniera generosa insieme a una serie di consulenti e a un direttore fantastici a far sì che il programma del Salone di Torino di quest'anno sia pieno di cose belle, politicamente e esteticamente radicali. E così sarà.
"Ho deciso di presentare la mie
dimissioni dal gruppo dei consulenti per proteggere il Salone del Libro di
Torino dalle polemiche che hanno fatto seguito a un
mio post, pubblicato a titolo strettamente personale.
Il Salone del Libro di Torino è uno spazio di libertà, di
dibattito e confronto di idee, di cultura e di apertura, di molteplicità e
democrazia. È il risultato del lavoro appassionato e della dedizione di centinaia
e centinaia di persone. È importante per il paese e appartiene a tutti.
Con queste dimissioni testimonio il mio sincero e
profondo rammarico per una presa di posizione individuale che, ben al di là
delle mie intenzioni, potrebbe, ma a nessun costo deve, risultare fuorviante
rispetto a ciò che il Salone del Libro è da oltre trent'anni, e vuole essere
oggi e in futuro"
(dalla
pagina facebook di Christian
Raimo)
Nessun commento:
Posta un commento