martedì 28 maggio 2019

Nell'Alessandrino la ribellione di quattro associazioni che hanno finora accolto un centinaio di rifugiati all'anno - Sarah Martinenghi




“In Italia un posto in pensione per un animale costa in media una ventina di euro con l’aggiunta del costo di scatoletta e croccantini. Le nuove regole imposte dal decreto Salvini riducono a meno di venti euro al giorno i costi dell’accoglienza di un essere umano: significa che siamo equiparati ai custodi di un canile e noi non vogliamo esserlo”. Fabio Scaltritti spiega così i motivi per cui quattro associazioni dell’Alessandrino che si sono occupate per anni di accoglienza a rifugiati e richiedenti asilo abbiano scelto ieri di non partecipare più al bando della prefettura per l’affidamento dei servizi di accoglienza che prevedeva la possibilità di assistere 1200 migranti nella provincia.

La “Comunità San Benedetto al Porto,  l’associazione di promozione sociale “Cambalache”, “l’Ostello”, e  la “Coompany&” hanno voluto rivendicare i motivi della scelta che, raccontano, è stata molto “difficile, consapevole e sofferta”, dato che i progetti che negli ultimi anni avevano portato avanti erano stati anche presi a modello e replicati, diventando importanti sul territorio sia per la tutela dei diritti dei migranti che per la crescita della comunità. “Il nuovo capitolato a nostro avviso rischia di togliere ogni forma di dignità umana alle persone richiedenti asilo e diventa ancor più drammatico se letto con gli occhi di tutte quelle ragazze e i ragazzi, gli uomini e le donne, le madri che spesso si presentano da noi come portatori di traumi generati da violenze e fatiche inimmaginabili. A breve si troveranno impossibilitati ad accedere ai servizi di istruzione, lavoro, sanità e trasporti”.  
Le quattro strutture nel complesso hanno accolto un centinaio di rifugiati e richiedenti asilo all’anno. E per loro hanno ideato progetti e percorsi di accoglienza premiati e di successo, dall’apicoltura alla lavorazione della canapa, per fare degli esempi. “Non è una questione economica, ma etica – ribadisce Scaltritti della Comunità San Benedetto al Porto-  anche se la cifra fosse rimasta a 35 euro al giorno noi non avremmo comunque partecipato. Viene infatti previsto nel bando di regolamento che siano date ogni giorno lenzuola di carta e non si possono più utilizzare stoviglie normali, ma obbligatoriamente tutto di plastica. E questo è un paradosso in un’ottica di riciclo, un vero spreco, visto che la plastica viene ormai bandita. Ma soprattutto il fatto che i profughi non possano più avere residenza, tessera sanitaria, carta di identità  e codice fiscale, elementi di fatto indispensabili per i loro diritti, inibisce di fatto che possano fare corsi o attività scolastiche, o contratti per percorsi lavorativi. E considerando che rimangono in media da noi due anni e mezzo prima di avere il “no” oppure l’ok allo status di rifugiato o di profugo, significa che rimarrebbero sul territorio senza poter far nulla per più di 30 mesi”.

Scaltritti è consapevole che il paragone tra il costo (per un privato) della pensione per un animale domestico e quello per l’assistenza a un migrante sia azzardato. “E’ provocatorio, lo so, ma noi gestiamo tossicodipendenti per i quali è prevista una tariffa di 75 euro al giorno, minori, fino a 130 euro al giorno, pazienti psichiatrici, fino a 250 euro al giorno. Il parametro con queste tariffe era impossibile e volevamo trovare un’equiparazione, così abbiamo pensato ai canili, dove chiedono anche 20 euro al giorno per un cane di media  e grande taglia, ma in più devi anche pagare la scatoletta di cibo”.  

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