Vorrei sollevare, solo a titolo personale e senza pretesa di rappresentare alcuna istituzione, alcune domande riguardo a una vicenda recentemente avvenuta all’Università di Venezia e di cui i giornali hanno riferito. A me pare che a Emanuele Fiano, che è un ex parlamentare, presidente dell’associazione Sinistra per Israele, non sia stato tolto il microfono da alcuni studenti che gli hanno impedito di parlare, con l’intenzione di discriminarlo in quanto ebreo.
Si tratta di
un esponente politico che ha possibilità di esprimersi e scrivere finché vuole.
Parlare oggi dunque di squadrismo o censura, dipingendo gli studenti del Fronte
della gioventù comunista come fascisti e antisemiti mi sembra fuori luogo e
dipinge in modo distorto quanto accaduto.
Fiano
peraltro ha avuto modo di intervenire per mezz’ora e poi è stato interrotto con
uno striscione e in un intervento, tenuto da uno dei contestatori, il gruppo di
studenti ha esposto le sue ragioni. Posizione espressa in modo rozzo, ma
riassumibile in una critica ad alcune dichiarazioni di Fiano relative al
mancato riconoscimento dello Stato palestinese, al blocco militare esercitato
fuori dal diritto internazionale contro la Global Sumud Flotilla e altre.
L’incontro
poi non è continuato perché, riferiscono alcuni quotidiani, dopo che gli
organizzatori, cercando di placare le acque hanno dato parola a chi voleva contestare
Fiano, quest’ultimo ha cercato di proseguire ma è stato sommerso di fischi.
Credo però
che il problema di questo incontro e delle polemiche che ne sono seguite
dovrebbe essere meglio analizzato, al netto delle reciproche motivazioni e
fatta salva la libertà di Fiano di dire ciò che pensa, ma anche quella degli
studenti di contestarlo.
La
responsabilità di un incontro pubblico in questi casi di solito è di chi
organizza e dell’università stessa. Mi sembra evidente che un incontro con
studenti universitari non è e non può essere un paludato salotto televisivo con
le domande preconfezionate. Paragonare tuttavia i fischi, che di fatto
impediscono ad un dibattito di proseguire, alle leggi persecutorie antiebraiche
del 1938 che impedirono al padre di Fiano di continuare a frequentare
l’università credo sia un’affermazione che non rende onore né alla memoria
della Shoah né all’ebraismo italiano. Il problema di fondo è che nella
situazione odierna continuare, come fanno i media, a strumentalizzare la voce
di alcuni ebrei noti per bollare come antisemita, o fascista come in questo
caso è avvenuto, chiunque si sia permesso di criticare Israele o di contestare
un oratore importante, è diventato il modo più veloce per impedire ogni tipo di
critica e avere una patente di garanzia per coloro che hanno bisogno di un
sostegno alle proprie opinioni. E’ un meccanismo tipico del giornalismo
nostrano: se accade qualcosa tra Israele e Palestina si intervista un ebreo
italiano scegliendolo a seconda delle risposte che ci si vuole sentire
ripetere: Segre, Fiano, Ovadia, Lerner e così via.
Vero, Fiano
è anche a capo di un’associazione che si spende per la collaborazione tra
palestinesi e israeliani, è a favore della pace e più volte ha espresso
critiche al governo israeliano, anche se su molti punti come si può ascoltare
nelle sue interviste fa affermazioni che personalmente ritengo discutibili.
E’ vero
anche che però alla fine, dopo la contestazione a Ca’ Foscari, il riferimento
immediato non va alla tutela della libertà d’opinione, ma alle leggi fasciste e
alla persecuzione subita da suo padre. A nessuno verrebbe probabilmente in
mente di invitare a un dibattito su Israele e Palestina, al netto delle
competenze specifiche che si possono avere sul tema (esperto di geopolitica sulla
regione, esperto di questione religiose mediorientali, esperto giuridico sui
genocidi o almeno di storia militare del Medio Oriente, o altro, aggiungete
voi) un musulmano bosniaco, o suo figlio, scampato da Srebrenica. E nemmeno un
armeno nipotino degli scampati al genocidio.
Invitare un
ebreo italiano figlio di una vittima della Shoah non è un po’ come fare
qualcosa del genere?
Nel suo caso
Fiano ha realmente delle competenze sulla regione e certamente ha molto di
intelligente da dire e anche cose condivisibili. Il problema è che questo
semplice invito purtroppo, invece di contribuire a sciogliere quel legame
mortale tra le camere a gas di allora e il conflitto odierno in Medioriente lo
fomenta e lo rafforza.
Vale sia per
coloro che usano il riferimento a Hitler e alle camere a gas per criticare il
governo israeliano, ma ancora di più per quelli che accusano di antisemitismo
tutti coloro che osano muovere critiche a Netanyahu. Problema che dopo le
contestazioni Fiano stesso ha purtroppo, almeno a quanto riportano i giornali,
contribuito ad alimentare.
La questione
sta nella nostra attitudine mentale a pensare che qualcuno per il semplice
fatto di essere ebreo o di essere vittima o parente di una vittima della Shoah
debba essere considerato automaticamente un esperto della crisi mediorientale.
Siamo
sicuri, lo chiedo in particolare al mondo ebraico italiano, che questo legame
utilizzato così renda giustizia della memoria della Shoah?
Davvero
tutte le volte che si critica l’operato del governo israeliano si diventa
antisemiti? Davvero ha senso che alcuni ebrei famosi diventino i portavoce
dell’intera realtà ebraica, contribuendo in maniera significativa a far sì che
i media ripropongano questo cortocircuito nel quale chiunque critica Israele
sta attaccando l’ebraismo in quanto tale e allo stesso tempo molti di coloro
che criticano Israele o chiedono il riconoscimento di uno Stato per i
palestinesi lo fanno paragonando l’attuale governo israeliano a Hitler?
Siamo sicuri
che tutto questo alla lunga non si riveli un enorme danno per l’ebraismo
italiano e mondiale e non diventi un gigantesco boomerang, alimentando una
spirale di odio verso l’ebraismo stesso?
Siamo sicuri
soprattutto che questo sguardo sul conflitto in Medio Oriente, filtrato dalla
Shoah, con tutto il suo carico di ricordi individuali, senso di colpa,
identità, giornate della memoria e leggi ad hoc non ci impedisca alla fin fine
di riconoscere il massacro inaudito che sta accadendo sotto i nostri occhi e ci
impedisca di denunciarne i veri responsabili?
Il
risultato, mi pare, è che oggi ci ritroviamo con il fascismo italiano che usa
la Segre per dire che gli antisemiti non sono gli eredi di coloro che emisero
le leggi razziste e deportarono nei campi gli ebrei italiani, bensì lo sono
tutti coloro che semplicemente manifestano ritenendo che i palestinesi debbano
avere esattamente la stessa possibilità di vivere e di autodeterminarsi di
tutti gli altri popoli. Mi chiedo dunque perché perseverare in questa logica.
Sia chiaro,
Fiano ha tutto il diritto di non essere attaccato in quanto ebreo, ha diritto
di dichiararsi di sinistra e di dire che fa parte di un gruppo denominato
Sinistra per Israele, anche se parlare oggi di due popoli e due Stati è una
soluzione che mi pare problematica, se poi nei fatti non si riconosce la
Palestina e non si interviene per bloccare la razzia di terra perpetrata dai
coloni in Cisgiordania. Gli studenti allo stesso tempo possono rispondergli che
in questo momento difendere un governo che sta portando avanti un genocidio è
una responsabilità che non si vogliono prendere e ritengono che invece quel
governo, non la totalità dei suoi cittadini e nemmeno l’ebraismo mondiale,
debba essere processato per crimini contro l’umanità. E possono anche
legittimamente contestarlo.
Certamente
avrebbero fatto meglio a lasciarlo parlare fino alla fine senza sommergerlo di
fischi, e non solo per una quesitone di rispetto del diritto di parola. Fiano
evidentemente non è un fascista e il diritto di parola è inviolabile, ma per
non rischiare di venire strumentalizzati come poi è puntualmente accaduto, di
questo sono sicuro.
Resta la
responsabilità di chi usa la memoria delle persecuzioni per accusare di
fascismo degli studenti che contestano posizioni politiche e soprattutto quella
dei media che utilizzano persone come lui e come Segre per alimentare l’idea
che l’ebraismo coincida con il governo israeliano e viceversa.
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