giovedì 30 ottobre 2025

Gaza è Rio de Janeiro. Gaza è il mondo intero - Raúl Zibechi

 

Le parole non possono descrivere adeguatamente l’orrore del massacro di oltre 120 giovani neri poveri, uccisi dalla polizia di Rio de Janeiro con il pretesto di combattere il narcotraffico.

Si è trattato di un’operazione di guerriglia urbana in cui il governo statale ha mobilitato 2.500 agenti di polizia militare pesantemente armati, insieme a veicoli blindati ed elicotteri, per attaccare i complessi delle favelas Penha e Alemão nella Zona Nord della città, un’area con un’alta concentrazione di residenti poveri. Questi due complessi di favelas contano oltre 150mila abitanti ciascuno, con una densità di popolazione estremamente elevata.

Il governo di Rio ha segnalato 60 morti, ma gli abitanti delle favelas hanno portato nelle piazze oltre 50 corpi, corpi che non sono stati inclusi nel conteggio ufficiale, lasciando poco chiaro il numero effettivo delle vittime. Il bilancio delle vittime è ora salito a oltre 120.

Le reazioni sono state immediate, dalle organizzazioni per i diritti umani alle Nazioni Unite, che si sono dichiarate “inorridite” dal massacro. Al di là delle statistiche, ci sono fatti rilevanti.

Il genocidio palestinese a Gaza è lo specchio in cui i popoli oppressi del mondo devono riflettersi. Per chi detiene il potere, è iniziato un periodo di caccia indiscriminata alla popolazione “in eccesso”, perché l’impunità è garantita. Ora più che mai, Gaza siamo tutti noi. Potrebbe essere Quito, San Salvador, Rosario o Tegucigalpa; il Cauca colombiano o il Wallmapu; forse le montagne di Guerrero o le comunità del Chiapas. Ora siamo tutti nel mirino di un capitalismo che uccide per accumulare ricchezza più velocemente.

Parlano di narcotrafficanti con la stessa insensibilità con cui nominano palestinesi, mapuche o maya. Sono solo scuse. Argomentazioni per la classe media urbana. Ma la storia recente ci insegna che stanno creando laboratori per il genocidio.

Nel pacifico Ecuador, quando il popolo trionfò nella rivolta del 2019, il governo reagì liberando i criminali dalle prigioni trasformate in campi di sterminio, dove i media mostravano detenuti che giocavano a calcio con la testa mozzata di una vittima. Nel Cauca (Colombia), l’estrazione mineraria a cielo aperto e la coltivazione di droga hanno esacerbato la violenza paramilitare contro le comunità Nasa e Misak che resistono e si rifiutano di essere sottomesse, rendendo la regione la più violenta in un paese già di per sé violento. Nel territorio Mapuche, sia in Cile che in Argentina, le autorità hanno deciso di etichettare come “terroristi” coloro che si rifiutano di essere sottomessi, con il risultato che oggi ci sono più prigionieri Mapuche che sotto le dittature di Pinochet e Videla. In Messico, tutto è chiaro, così chiaro che i media e il governo si rifiutano di lasciarlo vedere, mascherando la violenza con una retorica che si limita a riconoscere la loro complicità. La violenza sistematica a Guerrero e in Chiapas dovrebbe essere motivo di indignazione.

A Rio de Janeiro, un sociologo dice spesso che il narcotraffico non è uno stato parallelo, ma piuttosto lo stato stesso. Questo include tutti i governatori degli ultimi decenni, con il loro entourage di imprenditori, deputati e consiglieri comunali legati alla mafia, che formano una struttura di potere ereditata dagli squadroni della morte della dittatura militare.

Gaza ci pone in un contesto diverso, di fronte a sfide diverse. La prima è capire che la morte è la ragion d’essere del sistema capitalista. La seconda è capire che questo sistema è composto sia dalla destra che dalla sinistra, dai conservatori e dai progressisti. La terza è che dobbiamo organizzarci per proteggerci, perché nessun altro lo farà.

Il mondo che conoscevamo sta crollando. Piangiamo quei giovani assassinati a Rio, quei corpi sparsi sull’asfalto.

Trasformiamo le nostre lacrime in fiumi di indignazione e torrenti di ribellione.

https://comune-info.net/gaza-e-rio-de-janeiro-gaza-e-il-mondo-intero/

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